Ucraina, no di Mosca alle condizioni di pace Ue: chiusura totale su Donbass e truppe Nato

Mosca frena sull'accordo di pace: nessuna concessione sul Donbass e chiusura totale sulle truppe Nato in Ucraina. No alla tregua di Natale

Ucraina, no di Mosca alle condizioni di pace Ue: chiusura totale su Donbass e truppe Nato

In attesa di un nuovo incontro, probabilmente nel fine settimana, tra Ucraina e Stati Uniti, la Russia frena l’entusiasmo di Stati Uniti, Europa e Kiev scaturito dai colloqui di ieri a Berlino. Mosca parla sì di progressi importanti, sostenendo che si è vicini a raggiungere un accordo, ma non cede sul Donbass, dice no alla tregua di Natale e ribadisce il suo veto alle truppe Nato in Ucraina.

Mosca frena sull’accordo di pace a Kiev

Il viceministro degli Esteri russo Sergej Ryabkov ha dichiarato in un’intervista esclusiva ad Abc News di ritenere che le parti in conflitto siano “sul punto” di raggiungere una soluzione diplomatica per porre fine alla guerra. “Siamo pronti a raggiungere un accordo”, ha detto Ryabkov, aggiungendo di sperare che un accordo venga raggiunto “il prima possibile”. Eppure le condizioni di Mosca non vengono meno.

Il Cremlino dice chiaramente che non accetterà alcuna presenza di truppe Nato sul territorio ucraino né è disposta a concedere nulla sui territori. Ryabkov spiega che Mosca non sottoscriverà, accetterà o sarà soddisfatta “di alcuna presenza di truppe Nato sul territorio ucraino”. E non accetterebbe la presenza di militari neanche come una garanzia di sicurezza.

Inoltre sottolinea che la Russia non farà concessioni sui territori contesi come Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia, Kherson e Crimea: “Non possiamo assolutamente scendere a compromessi”, dice. Il Cremlino respinge pure la proposta di una tregua di Natale avanzata dal cancelliere tedesco, Friedrich Merz, e sostenuta anche dal presidente ucraino, Volodymyr Zelensky.

I veti russi, l’ostinazione dei volenterosi

“Vogliamo la pace, non una tregua che dia sollievo agli ucraini e permetta loro di prepararsi a continuare la guerra”, afferma il portavoce del Cremlino Dimitry Peskov. Che sottolinea anche come non ci sia stata alcuna telefonata tra Donald Trump e Vladimir Putin dopo quella del 16 ottobre, contrariamente a quanto lasciato intendere dal presidente statunitense.

Nonostante i veti russi i leader dei Paesi che fanno parte della Coalizione dei Volenterosi hanno espresso la loro disponibilità a inviare forze di supporto in Ucraina come parte delle garanzie di sicurezza dopo la fine della guerra. Lo ha affermato il vice capo dell’ufficio del presidente dell’Ucraina, Ihor Zhovkva. Oltre “trenta Paesi” sono disposti a contribuire alle garanzie di sicurezza, ha spiegato Zelensky, ma “non tutti con le truppe”. Francia e Gran Bretagna sono pronti a scendere in campo mentre l’Italia si sfila.

Zelensky ha affermato che le proposte negoziate con gli statunitensi su un accordo di pace potrebbero essere finalizzate entro pochi giorni, dopodiché gli inviati americani le presenteranno al Cremlino. Il leader ucraino ha spiegato che il Congresso Usa deve votare sulle garanzie di sicurezza.

LEGGI ANCHE: Riarmo Ue, il Parlamento europeo accelera sul Piano

Nasce a L’Aja la commissione per risarcire i danni di guerra all’Ucraina

Intanto è nata la commissione internazionale per il risarcimento dei danni di guerra all’Ucraina: la convenzione istitutiva promossa dal Consiglio d’Europa è stata adottata a L’Aja. Il nuovo organismo dovrà quantificare i danni dell’invasione russa ed esaminare le richieste di risarcimento sulla base del registro dei danni che conta già oltre 86 mila segnalazioni. “Si tratta di un passo storico”, ha detto il segretario generale del Consiglio d’Europa Alain Berset. Il fondo per i risarcimenti verrà istituito nel 2026.

Domani intanto è previsto uno dei Consigli europei più difficili della storia recente comunitaria. Sul tavolo l’uso degli asset russi congelati. Ieri l’Eurocamera ha approvato, per alzata di mano, la richiesta di accelerare il processo legislativo relativo al progetto di legge per il prestito all’Ucraina basato sui beni di Mosca a seguito della decisione di applicare la cosiddetta procedura d’urgenza. Al momento, sull’uso dei beni di Mosca per finanziare l’Ucraina ci sono due Paesi contrari – Ungheria e Slovacchia – e cinque molto vicini ad esserlo (Italia, Malta, Bulgaria e Belgio della dichiarazione congiunta in cui si chiede di studiare soluzioni alternative più la Repubblica Ceca). L’Ungheria frena pure sull’adesione di Kiev nell’Unione europea.