“Un discorso peronista Draghi è l’emblema del populismo delle élite”

Per il rettore dell’Università per stranieri di Siena, Tomaso Montanari, Draghi è un premier "privo di cultura istituzionale".

Nel pieno svolgimento della crisi, mentre i partiti si affannano e faticano a controllare le loro truppe, per provare a fare un po’ di ordine in quello che accade abbiamo intervistato Tomaso Montanari, storico dell’arte, accademico e saggista italiano, rettore dell’Università per stranieri di Siena.

Montanari, partiamo dall’inizio: che pensa del discorso di Draghi in Senato?
“Ne penso tutto il male possibile. Non pensavo, sono addirittura sorpreso in negativo. È stato un discorso arrogante, senza cultura costituzionale, senza cultura istituzionale e senza nessun rispetto per il Parlamento. Si potrebbe definire un discorso peronista, con tratti di Sudamerica, un vero e proprio populismo presidenziale. In sostanza Draghi ci dice che il popolo lo vuole, lo acclama e il Parlamento non deve mettersi di traverso. Tutto questo non è altro che il populismo delle élite, populismo dei padroni, populismo dei signori. Un potere senza nessuna giustificazione dal basso senza nessuna aspirazione democratica. Abbiamo assistito al peggio dell’oligarchia. E mi pare che in Draghi negli ultimi tempi ci sia un’involuzione in tutto, nella mimica, nella voce, oltre che nei contenuti. È una deriva. Siamo di fronte alla peggiore politica che finge di dover rispondere a un’appello del popolo mentre parliamo di manifestazioni raccontate come spontanee e che invece sono state convocate, con una partecipazione minima”.

Fino a poco fa molti criticavano Salvini quando parlava in nome del popolo italiano, con Draghi sembra che la reazione sia stata molto diversa…
“Inimmaginabile. Siamo di fronte a un culto mai visto. Primo Levi scriveva: “Dal fascismo nasce un delirio che si estenderà: il culto dell’uomo provvidenziale, l’entusiasmo organizzato ed imposto, ogni decisione affidata all’arbitrio di un solo”. C’è qualcosa di quella tradizione, un’allergia alla democrazia, l’aspirazione della scorciatoia del mondo forte. Basta essere consacrato dalle élite e dai grandi giornali e, non dimentichiamolo. dal Presidente della Repubblica. Il Presidente della Repubblica dovrebbe stare più lontano possibile e invece ha telefonato a Salvini. Draghi, vale la pena ricordarlo, dice che bisogna fare le riforme “che ci ha chiesto Mattarella”. Ma non è Mattarella che deve chiedere riforme, è il Parlamento. Con orrore ti dico che ha ragione Giorgia Meloni quando dice che Draghi chiede pieni poteri”.

Come giudica l’azione di Conte e del M5S?
“Bisogna dare un giudizio alla fine. Finora apparentemente ha tenuto fede ai suoi propositi. Ha proposto 9 punti. Vediamo come la chiude. Se alla fine negasse la fiducia credo nel M5S il capitale sia il simbolo e il nome. Se i parlamentari se ne andassero tutti e Conte tiene duro con il marchio e con Grillo al suo fianco credo che il M5S potrebbe tenere consenso, che ci sia la possibilità di una rifondazione”.

Chi è stato sempre al fianco di Draghi è il Pd…
“Lo è sempre stato. Il Pd è il partito di Draghi. Durante l’elezione del Presidente della Repubblica Letta disse che il loro compito era quello di “proteggere Draghi”. Il Pd è il partito delle ztl, di chi non ha interessi a cambiare, il partito dei benestanti conservatore di centro. Draghi è l’espressione perfetta”.

Esisterà un’area Draghi alle prossime elezioni?
“Non lo so. Dipende molto dal centrodestra. Se si spaccano probabilmente Draghi sarà l’usato sicuro. Avremo scelta tra destra liberista e destra fascista. Se vincono le elezioni nel centrodestra non avranno nessun interesse a nessuna “area Draghi”. Ma qui sono saltate le logiche costituzionali. Del resto era inimmaginabile anche essere qui con un presidente calato dall’alto”.

Come giudica il comportamento dei giornali e delle televisioni in questi giorni?
“Un disastro. Oceani di bava. Una cosa imbarazzante. Non siamo al regime, siamo ai canti messianici, mi vengono in mente i canti della parrocchia: “Resta con noi, Mario, la sera: la notte mai più scenderà!”.

Viste le prese di posizioni sulla guerra, vista le prese di posizioni su Draghi, ha avuto delusioni da giornalisti, intellettuali, collegi?
“Ce ne sono tantissime, ed è una cosa molto dolorosa. C’è un blocco politico ormai sparpagliato. Ora bisogna avere qualcosa di nuovo, anche dal punto di vista generazionale. Siamo un Paese che si affida a un 75enne come salvatore della Patria. Per questo ritengo molto grave l’appello per Draghi dei rettori: l’università è il luogo del futuro e invece mostra omologazione”.

Che ne pensa del negazionismo, sui media, anche sul clima?
“Il cambiamento climatico è il vero problema di questo tempo. Non puoi pensare a una crescita infinita senza pensare che anche il pianeta sia infinito, per questo negano l’evidenza. Qualche settimana fa Sorgi ha irriso un mio libro in cui dicevo che Roma nel 2050 avrebbe avuto la temperatura di Marrakech. Ero stato fin troppo ottimista visto che ci siamo già. Ma il negazionismo è strumentale alla crescita. Draghi dice che l’imperativo è la crescita e questo non è compatibile con il clima”.

Con l’avanzata di Meloni rischiamo un rigurgito di fascismo?
“Lo temo perché purtroppo dal peronismo al fascismo il passaggio è morbido. L’alternativa al fascismo delle camicie nere e dei saluti romani (che vive dentro FdI basta leggere Berizzi) non è l’uomo forte. L’uomo forte non è un antidoto, è un passaggio lento. Vuol dire combattere il fascismo con l’omeopatia. Ora i pieni poteri chiesti da Draghi vanno bene, poi con Meloni faranno meno effetto. Temo lo scivolamento complessivo”.