Veleni in Procura sul caso Amara. Il Pm Storari resta in carica a Milano. Il Csm respinge la richiesta di trasferimento immediato. Ma per il magistrato prosegue l’iter disciplinare

Il pm Paolo Storari è riuscito a segnare un punto a suo favore. Il pubblico ministero è riuscito a far valere le sue ragioni davanti alla sezione disciplinare del Csm.

Veleni in Procura sul caso Amara. Il Pm Storari resta in carica a Milano. Il Csm respinge la richiesta di trasferimento immediato. Ma per il magistrato prosegue l’iter disciplinare

Messo alla berlina per i verbali di Piero Amara consegnati a Piercamillo Davigo e diventato di fatto capro espiatorio di una stagione di veleni all’interno della Procura di Milano, il pm Paolo Storari è riuscito a segnare un punto a suo favore. Il pubblico ministero è riuscito a far valere le sue ragioni davanti alla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura e il Csm ha deciso che resterà al suo posto nell’ufficio giudiziario meneghino.

IL PUNTO. La sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura ha ritenuto che non vi sono esigenze cautelari tali da portare al trasferimento di Storari o a un cambio di funzione, respingendo la richiesta del procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, che aveva sollecitato il trasferimento per incompatibilità ambientale del magistrato. Una richiesta che era stata fatta sulla scorta della relazione presentata dal procuratore di Milano, Francesco Greco, che ricostruiva tutti i passaggi della vicenda Amara.

Il pm Storari e l’aggiunto Laura Pedio, titolari delle indagini sul “falso complotto” Eni, hanno sentito più volte a verbale l’avvocato siciliano, ex legale esterno di Eni, al centro di mille trame, che aveva riferito loro di una presunta organizzazione segreta, la cosiddetta Loggia Ungheria, in grado di condizionare nomine e affari. Vista la gravità della vicenda e ritenendo che vi fosse una una stasi investigativa, ad aprile dell’anno scorso Storari aveva consegnato i verbali secretati di Amara all’allora consigliere del Csm, Piercamillo Davigo. Una vicenda discussa quindi con lo stesso Salvi, con il vicepresidente del Csm, David Ermini, con il presidente della Cassazione, Pietro Curzio, e con altri consiglieri di Palazzo dei Marescialli. Spuntato fuori il caso, Storari è finito sotto accusa.

Gli sono stati contestati tre illeciti disciplinari: per aver consegnato i verbali a Davigo in maniera “informale e irrituale”, per la “grave scorrettezza” che avrebbe commesso nei confronti del procuratore Greco, al quale non avrebbe manifestato formalmente e tempestivamente il proprio dissenso sulla condizione delle indagini prima di contattare Davigo e di non aver espresso a quest’ultimo “una chiara accusa di omessa iscrizione, o di inerzia investigativa, quanto piuttosto la preoccupazione” sulle “modalità di gestione del procedimento in presenza di una chiara divergenza di vedute con il procuratore ed il procuratore aggiunto, in ordine all’iscrizione di alcune notizie di reato”.

Una contestazione infine ha riguardato l’esposto presentato in Procura dal giornalista de Il Fatto Quotidiano, Antonio Massari, che aveva ricevuto i verbali, come ha accertato la Procura di Roma, dall’ex segretaria di Davigo, ora indagata. Storari, incaricato di indagare sulla vicenda, è stato infatti accusato di “rallentamento” e “ostruzionismo” nell’effettuare i dovuti accertamenti, in particolare una perizia informatica sui pc della Procura per verificare se le copie fossero state inviate da Milano.

Per il Csm, però, non ci sarebbe stata da parte di Storari alcuna “omissione consapevole di astensione” dalle indagini. E non ravvisando ragioni cautelari per un trasferimento immediato, il Csm ha deciso di lasciar proseguire il procedimento disciplinare ordinario. Sul fronte penale intanto Storari è indagato dalla Procura di Brescia con Davigo per rivelazione di segreto d’ufficio, mentre Greco è indagato per l’ipotesi di omissione d’atto d’ufficio nelle ritardate iscrizioni delle notizie di reato che emergevano dai verbali di Amara.