Venezia #staiSerenissima. Zaia vuole limitare i visitatori? E meno male che il turismo è il nostro oro nero

L’uscita è di Luca Zaia, secondo cui 27 milioni di visitatori l’anno a Venezia sono insostenibili. Così rinunciamo a sfruttare l’unico oro nero che abbiamo

Quando ci chiedono di dove siamo, noi italiani ci illuminiamo dicendo il nome della nostra città, e poi del nostro Paese, universalmente riconosciuto come uno dei più belli. Eppure ieri il governatore del Veneto Luca Zaia ha detto di voler limitare il numero dei turisti a Venezia,  che non può sostenere 27 milioni di persone all’anno. Il “numero chiuso” è una soluzione auspicabile per la Serenissima, che dovrebbe aspirare nel lungo termine ad essere capitale di un Veneto autonomo. L’esponente della Lega Nord ha spiegato i problemi relativi ai numeri molto consistenti di visitatori, ma ne ha omesse le cause legate a disorganizzazione e incapacità di differenziare e smistare i flussi. Le responsabilità delle amministrazioni locali ricadono così sulla popolazione mondiale che viaggia in cerca della Bellezza: un bene universale che non appartiene a nessun governatore e a nessuna amministrazione. Limitare la scoperta di un luogo equivale a limitare la fruibilità di un bene pubblico, come l’illuminazione, il manto stradale o la sicurezza. Quando si parla di turismo, la politica ha il compito di assicurarne la qualità e limitarne i danni collaterali (delinquenza e illegalità) ma non può deciderne la quantità, che dovrebbe essere motivo di vanto e risorsa sulla quale costruire maggiore benessere.

Bellezza universale – Non si può impedire a un cittadino del mondo di scoprire il casino Venier fra Piazza San Marco e Rialto nel mezzanino di un edificio che è tanto poco appariscente all’esterno quanto stravagante al suo interno. Non si può impedire a una coppia innamorata di baciarsi sul Ponte dei Sospiri. Non si può impedire a un sognatore di scoprire la storia della pozione magica della Teriaca, che nelle farmacie della città era famosa nel 17esimo secolo perché poteva “curare ogni male”. Non si può impedire a un romantico di passare un sotoportego (via sotto a un edificio) per arrivare a Piazza San Marco. Non si può impedire a un amante della storia di notare che due delle colonne del loggiato del Palazzo Ducale sono rosa, mentre le altre sono tutte bianche: fra quelle due colonne il Doge annunciava i condannanti a morte, e il rosa ne ricorda il sangue.

Il nostro oro nero – Non si può limitare la ricchezza del nostro Paese, che ognuno di noi racconta con fierezza in ogni contesto. Valorizzare le bellezze sconosciute, aumentare l’afflusso di turisti in città minori e nei borghi meno noti del Belpaese e fare attenzione alla tutela dei beni culturali sono le ricette per contrastare i disagi che i grandi numeri possono causare.

Gli enti nazionali del turismo dovrebbero ampliare lo spazio mediatico dedicato a mete meno popolari per evitare la sproporzione crescente tra l’assedio alle solite città note e il minore appeal di altre altrettanto belle. La storia non si può interrompere, perché è un valore globale, come le tradizioni. Ogni giorno a Venezia, sul bellissimo lato sud ovest del Palazzo Ducale, vengono accese due piccole luci, in ricordo di un fornaio ingiustamente condannato a morte nel 1500. Non si possono spegnere quelle luci, come non si può spegnere quella della nostra cultura agli occhi del mondo.