Verso un nuovo governo del Presidente

di Gaetano Pedullà

Verso un nuovo governo del Presidente. Irreversibile la crisi dell’esecutivo di Enrico Letta, le strade della politica diventano sempre più strette. Così, mentre i sostenitori di Palazzo Chigi, con il Capo dello Stato in testa, continuano a chiedere senso di responsabilità, c’è già un piano su come uscire dal caos. Perché è chiaro che il 9 settembre, con l’espulsione di Berlusconi dal Parlamento, le Larghe intese saranno solo un ricordo. Dunque, che fare? Trovare qualcuno disposto a mettersi nei panni di Bersani per andare a caccia di una pattuglia di transfughi al Senato non sarà facile. Quella via è stata percorsa lungamente dall’ex leader del Pd e gli è costata la carriera. Tornare a votare con l’attuale legge elettorale rischia di far esplodere l’astensionismo e ritrovare una pericolosa dose di incertezza sul piano della stabilità politica. Che possibilità resta, allora? Se Napolitano, che chiede responsabilità, non vuol fare lui per primo l’irresponsabile, l’ultima spiaggia torna quella del governo tecnico. L’ipotesi di cui si sussurra prevede una decina di ministri, tutti professori universitari e costituzionalisti, con un unico obiettivo: varare alla prima seduta del Consiglio dei ministri un decreto che porti a una legge elettorale “di garanzia”, possibilmente una riedizione del Mattarellum, e riportarci entro l’anno alle urne. Il piano troverebbe il sostegno un po’ di tutti. A partire da Berlusconi, che in caso di vittoria della sua Forza Italia, potrebbe aggiustarsi la legge Severino e realizzate quella mitologica Rivoluzione liberale di cui si attende traccia da vent’anni. Le urne vanno bene a Grillo, che avrebbe ancora mille argomenti per la sua campagna contro il sistema, e all’area renziana del Pd, l’unica con una prospettiva di riscontro elettorale. Ma quel che conta di più, le urne adesso andrebbero bene anche a quei poteri forti che hanno imposto prima Monti e poi Letta in nome della responsabilità di fronte ai mercati. Responsabilità che oggi – di fronte ai zero tituli sul piano delle riforme – dice di staccare la spina. O la ripresa in Italia la vedremo solo con il cannocchiale.