Vietati i cortei pro-Palestina. Il governo nasconde il dissenso

Il Viminale assicura che si tratta solo di un rinvio. La sinistra insorge: "Manifestare è diventato un lusso".

Vietati i cortei pro-Palestina. Il governo nasconde il dissenso

Sarà un Giorno della memoria blindato quello che oggi ricorderà la deportazione e lo stermino del popolo ebraico da parte dei nazisti. Una giornata importante e giustamente molto sentita in cui, come deciso dal governo di centrodestra, saranno vietate le numerose manifestazioni pro-Palestina che, secondo gli organizzatori, avrebbero dovuto sensibilizzare l’opinione pubblica in relazione al massacro che Israele sta compiendo nella Striscia di Gaza come rappresaglia per i vili attentati terroristici compiuti da Hamas lo scorso 7 ottobre.

Malgrado il divieto i comitati annunciano che scenderanno comunque in piazza per chiedere lo stop alla carneficina a Gaza

Così, con una decisione che era nell’aria, il Viminale ha deciso di rinviare tali manifestazioni, anche se i movimenti vicini agli studenti palestinesi in Italia hanno detto che scenderanno comunque in piazza pacificamente, a data da destinarsi. Ufficialmente la motivazione per lo stop ai cortei è, come accade in questi casi, dovuto a ragioni di ordine pubblico in quanto si temono scontri e violenze. Che il rischio esista è vero, del resto tale nefasta possibilità esiste a prescindere dal giorno scelto per manifestare perché i facinorosi possono agire in modo improvviso e imprevisto, ma c’è da chiedersi se questa sia l’unica motivazione per impedire manifestazioni in favore dei palestinesi che, è bene ricordarlo, stanno vivendo un dramma.

Come spiegato ieri dalla premier Giorgia Meloni, i cortei annunciati nei giorni scorsi sono qualcosa “che ci preoccupa abbastanza in questo momento al di là del merito delle manifestazioni perché in Italia, come sapete, rispettiamo il diritto di manifestare”, precisando che della vicenda se ne occupa il Viminale guidato dal ministro Matteo Piantedosi. E quest’ultimo già giovedì aveva fatto capire quale fosse la linea, con una circolare del Dipartimento della Pubblica sicurezza in cui si invitavano i questori a considerare di spostare ad un altro giorno le manifestazioni previste per domani, in particolare quelle di Roma e Milano.

Il Viminale assicura che si tratta solo di un rinvio. La sinistra insorge: “Manifestare è diventato un lusso”

Una decisione che il titolare del Viminale aveva ulteriormente spiegato affermando di voler “garantire la libertà di manifestazione che, nel caso di specie, va contemperata con il valore attribuito alla Giornata della memoria” perché, questa la tesi, quelle manifestazioni nel giorno in cui si ricordano le vittime dell’Olocausto potrebbero ledere “alcuni valori sanciti dalla legge, come la commemorazione della Shoah”. Tutto giusto se non fosse che più di qualcuno sospetta che la decisione serva anche a mascherare il malcontento di tanti italiani, come già visto nei mesi scorsi in tutt’altre occasioni, per le scelte del governo italiano che, almeno fino ad oggi, hanno mosso ben poche critiche alla gestione della guerra a Gaza da parte del governo di Benjamin Netanyahu.

Quel che è certo è che imporre lo stop alle manifestazioni ‘scomode’, in Italia sembra essere diventata la normalità. A lasciarlo intendere è la senatrice dell’Alleanza Verdi e Sinistra, Ilaria Cucchi, che ha spiegato: “Occorre comunque garantire a tutti la possibilità di esprimere la propria opinione, ma andando avanti così ci stanno dimostrando che di fatto diventa vietato anche manifestare”. “Credo che laddove ci sono delle manifestazioni, occorre saper intervenire da parte del personale addetto nelle maniere adeguate, non certamente a manganellate” ha aggiunto la senatrice in riferimento ai recenti scontri tra le forze dell’ordine e gli studenti che chiedevano al governo di impegnarsi per risolvere le criticità della scuola.

Un diritto a manifestare che ieri è stato rivendicato con forza, attraverso un lungo post su Instagram in cui vengono confermati gli appuntamenti previsti per oggi a Milano, Roma, Napoli e Cagliari, dal movimento ‘Giovani palestinesi’, in cui si legge: “Scendiamo in piazza contro i divieti perché abbiamo memoria. Rispetto a quello che sta pagando il nostro popolo per la propria libertà questo piccolo atto di disobbedienza civile è un rischio trascurabile, anche considerando che, fino a prova contraria, manifestare è ancora un diritto in Italia”. Comunicato in cui si legge anche che “il ministro Piantedosi vieta i cortei del 27 gennaio perché la commemorazione della Shoah è sancita dalla legge dello Stato” ma quest’ultima, fanno notare gli attivisti, “sancisce anche che l’Italia dovrebbe ripudiare la guerra e che dovrebbero essere vietate le commemorazioni fasciste come quelle per Acca Larentia, perché lì sì, c’erano gli antisemiti veri; eppure non ci sembra che il Governo si sia mosso con la stessa solerzia per far rispettare queste leggi fondamentali”.

Stesso comunicato che, in conclusione, spiega chiaro e tondo che “chiaramente non è la legge il problema, visto che non si tratta di manifestazioni contro la commemorazione della Shoah, anzi. Chi veramente crede ed esercita la memoria, chi veramente ha vissuto profondamente nella coscienza l’esperienza della Shoah, certamente capisce perché si deve scendere in piazza per fermare il genocidio che sta avvenendo in Palestina”.