Vietato sgomberare Casapound. Tria blocca la sindaca Raggi. Il Mef scrive al Comune per lo stabile occupato. Nessuna urgenza di mandare via gli attivisti

Casapound si salva un’altra volta. Lo sgombero non ci sarà.

Ancora rinviato. Casapound si salva un’altra volta. Virginia Raggi ci credeva e puntava forte sulla possibilità di inserire tra le priorità dei palazzi da sgomberare quello di via Napoleone III all’Esquilino, occupato dal 2003 dal movimento di destra. Ma per la sindaca, che aveva avviato persino l’iter dopo l’ok dell’assemblea capitolina, è arrivata una doccia gelata. L’ennesima.

E stavolta non è arrivata dal ministro dell’Interno, Matteo Salvini, che in più di un’occasione aveva sottolineato come il palazzo non fosse nella lista delle priorità, ma direttamente dal ministro dell’Economia Giovanni Tria che, in una lettera di risposta alla missiva che la prima cittadina aveva inviato al Mef, che controlla l’Agenzia del Demanio e dunque è proprietario dell’edificio, ha scritto nero su bianco come non ci sia nessuna urgenza visto che l’immobile non è a rischio crollo e non presenta nemmeno particolari problemi sotto il profilo igienico. Così almeno la vede il Mef che prima di rispondere alla prima cittadina grillina ha bussato alla Prefettura che, come già aveva fatto in passato, ha derubricato la palazzina fra gli immobili che possono attendere tempi migliori per essere restituiti al legittimo proprietario.

Sarebbero invece altri gli immobili occupati nella Capitale, ben 22, che il Viminale vorrebbe riprendersi e quello occupato da Casapound non rientra nella lista. Dunque, la nota del dicastero va ad imbrigliare una battaglia condivisa, probabilmente l’unica, fra la Raggi e la minoranza del Pd in Campidoglio. La Prefettura starebbe preparando una sorta di ranking degli 88 edifici occupati da sgomberare. Una classifica che va ad aggiornare quella dei Top 74 stilata nel 2016 dall’allora commissario prefettizio del Campidoglio, Francesco Paolo Tronca.

Quindi ora come ora prima, nella lista, svettano gli immobili per cui ci sono sentenze o ordinanze del Tribunale che impongono il rilascio e minacciano di costare condanne milionarie al Viminale in caso di mancata esecuzione. Immediata la reazione di Simone Di Stefano, leader del movimento: “come volevasi dimostrare, il palazzo non desta preoccupazioni, non ci sono motivi per sgomberarlo. La sede di Casapound rimarrà in via Napoleone III finché esisteranno centri sociali: una volta sgomberati tutti i centri sociali, allora vedremo”.

Nel 2003, quando Casapound occupò il palazzo, la proprietà era del Miur, guidato dall’allora ministro Letizia Moratti. Dagli uffici di viale Trastevere non partì mai la denuncia necessaria all’avvio dell’iter giudiziario, né addirittura partirono le indagini contro chi materialmente eseguì l’occupazione, un gruppo di militanti del movimento di estrema destra Casa Montag. Paradossalmente, Casapound sarebbe già potuta essere sgomberata se fosse andato in porto il piano dell’ex sindaco Gianni Alemanno, che nel 2009 inserì lo stabile in un pacchetto di beni che il Demanio avrebbe ceduto al Comune, intendimento bloccato dalle proteste che ne scaturirono.