Viola a capo dei pm di Milano. Il Csm commissaria la Procura. Troppe le faide nel Palazzo di giustizia

Con la nomina di Marcello Viola a capo della Procura di Milano per la prima volta si punta su un Papa straniero.

Qualche giorno fa Luca Palamara, l’uomo delle correnti nella magistratura, aveva esplicitamente detto che la nomina del nuovo Procuratore di Milano sarebbe dipesa dagli accordi fra la varie correnti, a riprova di come al Csm non sia cambiato nulla neanche dopo lo scandalo che vede al centro proprio l’ex magistrato romano. “Il tema – aveva dichiarato Palamara a margine dell’evento Direzione Nord – è che ci sono delle nomine molto importanti e Milano è uno degli uffici giudiziari più importanti”.

Con la nomina di Marcello Viola a capo della Procura di Milano per la prima volta si punta su un Papa straniero

In effetti la scelta del nome alla guida della procura milanese si interseca con quelle di altre poltrone: la Direzione Nazionale Antimafia, che a breve resterà senza capo, e quella di Roma, che prima ha visto subentrare a Giuseppe Pignatone il suo storico scudiero Michele Prestipino e poi, in seguito a un ricorso, Francesco Lo Voi (leggi l’articolo). E ora la nomina di Marcello Viola a capo della Procura milanese appare risarcitoria proprio per quanto questo non aveva ottenuto all’epoca della corsa al posto di Procuratore di Roma.

Anche Viola, già Procuratore Generale di Firenze, aveva infatti concorso per quella poltrona così ambita, venendo però superato da altri ben due volte. Su di lui avevano pesato i sospetti, successivamente decaduti, di essere in combutta con Palamara. Se la Procura di Roma vale due ministeri (almeno così si è soliti dire), quella di Milano almeno uno lo vale tutto e quindi ora Viola avrà di che consolarsi.

Sta di fatto che la sua nomina appare a tutti gli effetti un accodo fra le correnti. In suo favore si sono espressi i quattro consiglieri togati di Magistratura indipendente (la corrente conservatrice a cui Viola è iscritto), tutti e sette i laici e i consiglieri Sebastiano Ardita (Autonomia&Indipendenza) e Nino Di Matteo. I tre voti della corrente centrista di Unità per la Costituzione sono andati invece al procuratore di Bologna Giuseppe Amato, mentre il procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli ha ottenuto i cinque voti dei consiglieri progressisti di Area e quello di Ilaria Pepe di A&I.

Ma soprattutto l’arrivo di Viola in via Freguglia è un chiaro segnale di rottura con il passato: finora il Csm aveva sempre optato per candidature interne all’ufficio. Una scelta, quella di prendere un “Papa straniero”, indubbiamente dettata dai troppi scandali che hanno coinvolto il palazzo di giustizia milanese. Dallo scontro fra l’allora Procuratore Edmondo Bruti Liberati e il suo aggiunto Alfredo Robledo allo scandalo Amara, con il sospetto dell’esistenza di una loggia massonica all’interno degli uffici giudiziari, sono troppe le faide interne perché potesse essere promosso un magistrato milanese senza far sembrare che il Csm volesse favorire una fazione o l’altra.

“Sono onorato e ringrazio il Csm per questa nomina così importante”

“Sono onorato e ringrazio il Csm per questa nomina così importante”, ha commentato Viola, che ha poi aggiunto: “è una nomina che mi responsabilizza molto e sono consapevole del fatto che guidare la Procura di Milano sia un incarico particolarmente delicato. Ma metterò il massimo impegno nello svolgere il ruolo direttivo che mi è stato assegnato come ho sempre fatto”. Ma è il consigliere togato indipendente Nino Di Matteo ad ammettere pubblicamente che si tratta di una nomina “in discontinuità” con la gestione precedente della Procura milanese.

Un dato di fatto condiviso anche da altri consiglieri dell’organo di autogoverno della magistratura. E a questo punto poca importa che nelle chat interne al palazzo di giustizia stiano girando messaggi di solidarietà per Maurizio Romanelli, che paga da solo le colpe di un’intera generazione di magistrati milanesi.