Vittime dell’uranio alla fame. Pur condannata la Difesa non paga. Risarcimenti negati ai familiari dei soldati deceduti. Nonostante le sentenze definitive contro il ministero

Aiuti per tanti, ma non per tutti. Ancora una volta non per le vittime dell’uranio impoverito. In piena crisi economica generata dall’emergenza coronavirus, a colpi di decreti il Governo sta cercando di dare sostegno a famiglie e imprese messe in ginocchio dal Covid-19. Il Ministero della difesa continua però a ignorare le sentenza con cui i giudici hanno ordinato di risarcire i familiari dei militari che, al ritorno dalle missioni di pace nei Balcani, si sono ammalati a causa dell’esposizione appunto all’uranio impoverito e sono morti.

LA PIAGA. L’Osservatorio militare presieduto da Domenico Leggiero sta dando da anni battaglia per far ottenere giustizia a quanti, lasciati senza protezioni nei teatri operativi, hanno perso la vita o hanno dovuto lottare a lungo contro patologie tumorali. Una battaglia volta anche ad arrivare a una legge di reale tutela per le vittime, ancora ferma in Parlamento. Ignorata dunque una piaga tristemente rappresentata da 7.500 malati e 375 decessi. L’Osservatorio ha seguito sinora oltre 150 cause per i risarcimenti, tutte vinte, per cui l’Amministrazione ha già pagato sia i risarcimenti che le spese giudiziarie e gli interessi relativi agli inutili e lunghi contenziosi avviati. Ma i procedimenti in corso sono ancora decine e la Difesa, anche in tempi duri come quelli dell’emergenza coronavirus, a chi ha ottenuto sentenze in cui viene riconosciuto il diritto all’indennizzo, continua a cercare di non dare un centesimo e va avanti tra un ricorso e l’altro. Spendendo alla fine di più, tra interessi e non solo, di quanto costerebbe concedere subirto il risarcimento.

I TESTIMONI. Dietro ai processi e alle mille scappatoie che cerca la Difesa per ritardare almeno i risarcimenti vi sono drammi. Luciano Cipriani, tanto per fare alcuni esempi, era un maresciallo dell’Aeronautica militare, si è ammalato dopo aver operato nei Balcani, all’età di 45 anni, ed è stato ucciso due anni dopo da un tumore cerebrale. Un calvario nel corso del quale i familiari del sottufficiale si sono dovuti indebitare per consentirgli cure costosissime sperimentali in Germania. E non c’è traccia del risarcimento che servirebbe in larga parte proprio a sanare quei debiti, nonostante la sentenza sia in esecuzione da gennaio. “Dopo un tribolatissimo processo – assicura Alessandro, figlio del maresciallo – siamo riusciti a ottenere una sentenza molto forte dal Tribunale di Roma, ma ancora nulla. Il Ministero preferisce spendere altri soldi per prolungare le tempistiche processali. Io e mia sorella abbiamo dovuto abbandonare l’università e la mamma mettersi in aspettativa. Ancora oggi la nostra situazione economica è molto precaria”.

Una tragedia analoga a quella di Andrea Orsetti, per fare un altro esempio, un soldato dell’Esercito, vittima di un linfoma di Hodgkin nel 2008, dopo aver trascorso quattro mesi tra Kosovo e Albania e dopo lunghe sofferenze. Molte le sentenze, tutte a favore della madre del ragazzo, nel frattempo rimasta anche vedova e che tira avanti con una pensione di 1.070 euro pagando un affitto da 650 euro, e tutte appellate dall’Amministrazione. L’ultima causa vinta ad ottobre scorso. “Dovrebbero risarcire – afferma la mamma della vittima, Donata Casasola – e invece non se ne sa assolutamente nulla. Sono 12 anni che combatto e si fa fatica”. Una pagina nera per la Difesa, che il ministro Lorenzo Guerini (nella foto) può avere ora l’occasione di voltare.