Sembra senza via d’uscita, tra veti e controveti che stanno facendo perdere la pazienza a Donald Trump, il negoziato di pace tra Ucraina e Russia. Malgrado a parole Washington continui a manifestare “ottimismo” per una rapida approvazione del piano proposto dal tycoon, sia Kiev che Mosca non fanno altro che avanzare pretese, spesso irrealistiche, e rigettare ogni forma di mediazione.
Botta e risposta tra Ucraina e Russia
Anche ieri dall’amministrazione ucraina non sono arrivate grandi aperture all’approvazione della bozza di accordo. Anzi, il ministro degli Esteri ucraino Andrii Sybiha ha annunciato che è “ormai imminente un incontro tra i team negoziali di Stati Uniti e Ucraina”, da cui si aspetta “risultati concreti”, soprattutto per quanto riguarda la questione delle cessioni territoriali — che Kiev continua a rifiutare — e le garanzie di sicurezza occidentali per impedire alla Russia di riprendere il conflitto.
Tutti punti che, rivela il ministro, dovranno essere affrontati in un faccia a faccia tra Volodymyr Zelensky e Trump, che l’Ucraina chiede da giorni senza però ricevere alcuna risposta da Washington. Proprio sulle garanzie di sicurezza, che per il leader di Kiev sono una condizione sine qua non per trattare, dagli Stati Uniti è arrivata la più classica doccia fredda. Il segretario di Stato Marco Rubio, secondo quanto riporta Politico, avrebbe già avvisato l’amministrazione ucraina e i leader dell’Ue che “Trump negozierà garanzie a lungo termine per la sicurezza dell’Ucraina soltanto dopo che le parti avranno accettato la proposta di pace” formulata dagli Stati Uniti.
Ma se Kiev punta i piedi, anche Mosca fa altrettanto. Infatti dall’entourage di Vladimir Putin è stato nuovamente ribadito che Mosca non intende fare ulteriori concessioni e che l’unico progetto per una tregua che prenderanno in considerazione è il piano originale di Trump: quello trapelato lunedì, composto da 28 punti e poi riformulato — scendendo a soli 19 punti — a seguito degli appunti presentati dall’Ucraina e dall’Ue. Insomma, i negoziati sono giunti a uno stallo, con le parti che dimostrano di volere la fine del conflitto solo a parole.
L’Ue in tilt
Davanti alla diplomazia che procede a fatica, l’Unione europea di Ursula von der Leyen, anziché proporsi come forza mediatrice, continua a recitare un ruolo da mera — e irrilevante — comparsa. Da Bruxelles si continua infatti a chiedere una “pace giusta” e a scommettere su un’inverosimile disfatta russa, con dichiarazioni muscolari che stanno alimentando lo scontro dialettico con il Cremlino.
L’ultima puntata di questo muro contro muro c’è stata ieri, quando l’Eurocamera, al termine di una sessione al cardiopalma, ha approvato una risoluzione sull’Ucraina destinata a far discutere a lungo. Il testo, passato con 401 voti favorevoli, 70 contrari e 90 astenuti, inizia con il riconoscimento degli sforzi negoziali degli Usa, salvo poi criticare “l’ambivalenza di Washington”, considerata “dannosa ai fini di una pace duratura”. La risoluzione Ue mette poi nero su bianco che “nessun territorio occupato sarà mai riconosciuto come russo” e che qualsiasi accordo di pace “non potrà limitare il diritto dell’Ucraina a difendere la sua sovranità e la propria integrità territoriale”.
Al termine della seduta, l’Alta rappresentante dell’Ue per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza Kaja Kallas ha aggiunto che l’Ue avrà “un ruolo” nella conclusione del conflitto e “darà un grande contributo” per le garanzie di sicurezza in favore di Kiev. Una centralità nel processo di pace che però viene categoricamente esclusa dal Cremlino. A dirlo molto chiaramente è stato il viceministro degli Esteri russo Alexander Grushko, che ha dichiarato di “non vedere alcun ruolo per l’Europa nel tavolo dei negoziati” né nella fase successiva, in cui si dovrà mantenere la tregua.
“Attualmente tanti parlano di una futura presenza di truppe europee”, in particolare quelle dei Paesi che aderiscono alla Coalizione dei Volenterosi, in Ucraina, “ma ciò è assolutamente escluso perché minerebbe l’intero significato e il contenuto di un eventuale accordo di pace”.
Pronti alla guerra
La cosa peggiore è che, di giorno in giorno, i Paesi Ue sembrano sempre più decisi a prepararsi a una futura guerra con la Russia. Secondo il Wall Street Journal, la Germania ha sviluppato e starebbe già implementando un piano segreto di ben 1200 pagine per far fronte a un’eventuale guerra con la Russia, che secondo gli 007 di Berlino potrebbe scoppiare entro il 2029, se non prima. Il programma tedesco, secondo quanto riporta il quotidiano americano, avrebbe principalmente scopi di deterrenza, prevedendo il dispiegamento di 800 mila soldati della Nato sul fronte orientale e il potenziamento della rete di infrastrutture — soprattutto aeroporti e ferrovie — così da trasformare la Germania di Friedrich Merz in una sorta di hub della logistica militare d’Europa.
Che l’Ue si stia preparando, come già emerso con l’approvazione del riarmo proposto da Ursula von der Leyen, lo si capisce soprattutto dall’annuncio shock di Emmanuel Macron, che con un intervento pubblico ha introdotto un nuovo servizio militare volontario dall’estate 2026 per “difenderci di fronte alle crescenti minacce, preparare la nazione e la sua forza morale”.
Il servizio, come spiegato dal presidente francese, è rivolto ai giovani di 18 e 19 anni, ha una durata di 10 mesi e dovrà portare all’assunzione di “3 mila persone nell’estate del 2026, prima di raggiungere l’obiettivo di 10 mila nel 2030 e 50 mila all’anno nel 2035”. Dichiarazioni che non sono sfuggite al Cremlino, con il portavoce Dmitry Peskov che ha criticato duramente l’Europa, accusata — a suo dire — di voler sabotare la pace e di volere una guerra con la Russia.