Zero Zero Zero è solo un déjà-vu. Deludono le prime puntate del nuovo serial Sky. Che rispolvera le tesi sui media del filosofo Ramonet

La tanto strombazzata serie tv Zero Zero Zero, tratta dall’omonimo di Roberto Saviano, prodotta da Cattleya per Sky, girata in tre continenti a firma di un ormai acclamatissimo Stefano Sollima, si è rivelata lenta, prevedibile, irta di stereotipi, spiaggiata su un déjà-vu tipico delle crime fiction di ultima generazione, una via di mezzo fra far west metropolitano, action movie e docu-drama che ha troppi antenati alle spalle per aspirare a una seppur minima goccia di originalità. E dire che il trailer ammoniva che avremmo scoperto tutti i “segreti” del traffico internazionale di cocaina, magica polvere intorno alla quale si consumano assassini, tramano logge, cadono governi incistati da “cartelli” illegali, si riciclano capitali, si investe “pulito” mentre si sniffa e si spaccia la parte più lurida delle disgrazie e delle angosce di troppa gente.

Ma oramai, mediaticamente parlando, si è come strutturata una holding del tele-misfatto e, davvero, cosa può esserci ignoto, o cosa può ancora farci stupire e rabbrividire dopo le gomorra, le squadre antimafia, i romanzi criminali, le suburre, le quasi agiografiche rappresentazioni degli Escobar e delle camorre sparse agli angoli del globo, che infestano a decine, serializzandolo e spoliticizzandolo, il nostro già servile e mesto immaginario? Tornano gli echi del libro di un grande filosofo francese, Ignacio Ramonet, che ha da poco festeggiato i primi vent’anni dalla sua pubblicazione, La tirannia della comunicazione (Asterios, pagg. 145, euro 20), mantenendo intatto il suo profetico disappunto verso il rapporto fra videocrazia e fatti della realtà.

Soprattutto quando sosteneva che il “vedere” del giornalismo imperante non è il “capire” del cittadino attivo e consapevole, e che da spettatori precipitiamo stregati “in una sorta di spirale vertiginosa e inebriante fino alla nausea”, “senza che vi sia nessuno a dirigere il gioco”, dentro un Sistema che “assomiglia a quelle gabbie nelle quali i topi che corrono accelerano il movimento rotatorio dell’insieme”. Apoplessia speculare di tutto con tutto, ipermondo senza più storia ed eventi, fluorescenza dei media, dei mercati e delle reti.

Cosa ci dice Zero Zero Zero sui foschi poteri della malavita e della finanza intrecciati insieme? Che da servi ossequiosi si passa a miliardari riveriti, che un mediatore industriale per mantenere l’azienda di famiglia non trova nulla di male nell’allestire container di stupefacenti da spedire alle ‘ndrine calabresi, che oggi si cena a caviale e domani si langue col petto squarciato da un proiettile, che spesso i tutori dell’ordine sono i primi mostri avidi e sanguinari. Dubitavate? Eppure, fateci caso, nulla cambia. Illusioni e impotenza in prime time.