di Sergio Patti
Se non bastasse la Legge di stabilità, il governo ha già trovato un altro canale per far contente le banche. L’ultima invenzione è l’acquisto del 59,3% della Sia, azienda che fornisce servizi finanziari avanzati. Chi è che compra? Il Fondo Strategico Italiano (ma cosa c’è di strategico nei servizi finanziari), F2i Sgr (il Fondo pubblico gestito da Vito Gamberale) e Orizzonte Sgr. E chi è che vende, portandosi a casa una somma che valorizza l’intero capitale della Sia in 765 milioni? A far cassa sono Banca Intesa San Paolo (che ha ceduto il 28,9%), UniCredit (20,1%), Banca Monte dei Paschi di Siena (5,08%) e Bnl (4,5%).
Missione tradita
Intesa e UniCredit manterranno un 4% del capitale di Sia, mentre Banca Mps e Bnl usciranno completamente dalla compagine sociale. Ora, pur nella loro autonomia, i fondi pubblici che acquistano avrebbero ben altre missioni che regalare un po’ di soldi (della collettività) alle banche. Soprattutto se si considera che il business rilevato – strategico per il sistema bancario, che dunque giustamente se lo pagava – viene comprato a caro prezzo. Solo Banca Monte dei Paschi di Siena, per capirci, al perfezionamento della cessione della sua quota, prevista entro il primo semestre 2014, registrerà un beneficio economico lordo pari a circa 37 milioni di euro.
Qui non c’è crisi
In totale, in questa operazione, il Fondo Strategico Italiano ha investito circa 204 milioni di euro, a cui si aggiungono circa 77 milioni di finanziamento. Il Fondo strategico, presieduto da Giovanni Gorno Tempini e guidato da Maurizio Tamagnini è partecipato dalla Cassa Depositi e Prestiti. E d’accordo che Sia è leader nella gestione dei servizi dedicati alle banche, ma se si pensa che nelle stesse ore il governo non trova neppure i soldi per aiutare gli alluvionati…