C’è un infiltrato pure nel Pd. Siamo a 27mila contagi ma l’ex renziano di ferro Marcucci pensa a rimpasti e poltrone. Travolto dalle critiche è stato costretto a ritrattare

Non è andata giù al Nazareno, per usare un eufemismo, l’iniziativa di Andrea Marcucci che del Pd sarebbe capogruppo al Senato, non proprio un peones qualunque, che si è spinto sino a chiedere al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, in Aula per l’informativa sul nuovo Dpcm una verifica di governo: di fatto un rimpasto. “Il Presidente Conte valuti se i singoli ministri sono adeguati all’emergenza, apra la verifica, abbiamo bisogno di una maggioranza coesa”, sono state le parole del senatore toscano – un tempo (o ancora?) molto vicino al corregionale ed ex leader Pd Matteo Renzi che hanno fatto sobbalzare i vertici del partito. E ancora, non contento: “Signor presidente, valuti lei come coinvolgere le opposizioni ma serve un luogo di confronto con la maggioranza, che sia una bicamerale, un Comitato di sicurezza nazionale o un altro organismo”.

Un assist golosissimo per le opposizioni che, quasi in coro, hanno cominciato a parlare di governo senza maggioranza, chiedendo le dimissioni di Conte. Così il leader della Lega Matteo Salvini: “La bocciatura nei suoi confronti non arriva dalle opposizioni ma dalla sua maggioranza che le chiede un rimpasto di governo. Questo è allarmante”. Stesso copione da Fratelli d’Italia: “Conte faccia il rimpastino, o si dimetta”, è il leitmotiv. Ma a stretto giro è il segretario dem in persona a sconfessare l’intervento del suo capogruppo, ribadendo che “il sostegno del Partito democratico a questo Governo e ai suoi ministri è pieno e totale. Non in discussione.

Posizione ribadita, tra l’altro, all’unanimità alcune ore fa dalla direzione nazionale sul voto della mia relazione”, ricorda Nicola Zigaretti. E, mentre era ancora in corso il dibattito sull’informativa di Conte, è il vice capogruppo Pd a Palazzo Madama Franco Mirabelli a diramare un comunicato al vetriolo: “In una fase tanto grave per il Paese, in cui ogni sforzo va dedicato a sconfiggere il virus e la crisi, parlare di rimpasti appare una cosa fuori dal mondo. Gli italiani hanno bisogno di avere la certezza che il governo e la maggioranza si stanno occupando di tutelare la loro salute e l’economia. Il Pd si è assunto questa responsabilità chi pensa ad altro sbaglia”.

All’accusa di Mirabelli si uniscono, poi, i sospetti di chi ricorda che “Marcucci è un renziano di ferro, altro che ex” e sottolineano la “strana coincidenza fra la scelta di tempo” del capogruppo e l’intervista con cui Renzi è tornato oggi a picconare il premier. “Forse il presidente Marcucci intendeva dire che ognuno di noi, anche i ministri, devono dare il meglio in questa drammatica situazione”, dice Roberta Pinotti per la quale è “lunare porre il tema di un rimpasto di governo, tanto più con il momento che il Paese sta vivendo”. Il rimpasto non è un tema all’ordine del giorno, rimarcano anche gli alleati pentastellati. Ed è il ministro Luigi Di Maio a chiedere di “fermare ogni tipo di polemica politica, non ci sono rimpasti né polemiche che tengano, è un appello che rivolgo a tutte le forze politiche – afferma -, il Paese ha bisogno di compattezza di fronte alla seconda ondata di coronavirus”.

Alla fine è lo stesso Marcucci a “rivedere” quanto detto in mattinata: “Non ho chiesto nessun rimpasto. Ho chiesto al Presidente del Consiglio di assumersi la responsabilità dell’azione di governo, inclusa quella dei singoli ministri e di aprire una fase di coinvolgimento parlamentare più profondo. Che includa anche le opposizioni. Basta con il chiacchiericcio”, spiega il capogruppo. Ma resta l’impressione che anche fra i dem (pochi e ben identificati, per la verità) ci possa essere chi non è soddisfatto della strategia contro la seconda ondata covid e oprattutto dell’azione di alcuni ministri: sicuramente il dietrofront di Marcucci non è piaciuto agli esponenti di Base Riformista, cioè quell’area del Pd che fa capo a Lotti e Guerini.

L’occasione per tirare le somme potrebbe esserci già la prossima settimana, di nuovo in Parlamento, quando Conte si presenterà in Aula per delle comunicazioni “sulle misure per fronteggiare la pandemia”. E stavolta, non trattandosi di un’informativa, ci sarà un voto finale che potrebbe evidenziare plasticamente, qualora ci fossero, i malumori all’interno della maggioranza.