Ancora tensioni nel Centrodestra. Salvini contrario all’idea dell’incarico senza maggioranza: “Non vado a raccattare voti in Parlamento”. Spunta l’ipotesi di un premier terzo

Settimo Vittone, Arcore, Roma, Treviso: quattro città per una domenica sull’ottovolante nel dialogo tra M5S e Lega per il Governo. È il giorno dei due vertici nella complicata strada che porta al secondo giro di consultazioni. Il primo vede riuniti i triumviri del M5S, Beppe Grillo, Davide Casaleggio e Luigi Di Maio. Il secondo, ad Arcore, insieme i tre leader del Centrodestra. A fine giornata la sensazione è che nessun passo avanti sia stato fatto per il governo: l’aut aut di Di Maio a Matteo Salvini sulla presenza di FI è fermissimo. Il Centrodestra si presenterà unito al Colle, ma più nella forma che nella sostanza. Sostanza uscita allo scoperto oggi, con il no di Salvini a qualsiasi possibilità di andare a cercare i voti in Parlamento per un Esecutivo di Centrodestra, come vorrebbero invece Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni. Ma emerge anche una novità: quella del rafforzamento dell’idea del premier terzo, benedetta oggi da Giancarlo Giorgetti in tivvù da Roma.

Il dialogo tra Di Maio e Salvini dunque non si è interrotto ma rimane chiuso, in queste ore, in un gioco di veti incrociati e diffidenze reciproche. In mattinata, da Aosta, il leader del M5s avverte il leghista: “da Arcore non può partire nessuna proposta di cambiamento, il Governo-ammucchiata non è un nostro film”. Poi il vertice di Villa San Martino tradisce le attese del M5S. “È necessario che il prossimo Esecutivo rispetti la volontà degli elettori”, si legge nella nota comune diramata da Arcore. Da dove fonti del Centrodestra fanno trapelare la volontà della coalizione di “presentarsi in Parlamento per cercare i voti”. Di Maio va su tutte le furie. E il rapporto tra i due rimane teso anche quando arriva la smentita da fonti della Lega, che sottolineano l’indisponibilità di Salvini a ricevere un incarico da Mattarella senza che ci sia prima una maggioranza chiara. In un post il leader M5s invita il leader lumbard a presentarsi in Aula per “dimostrare come si possa governare con il 37%”. “La Lega preferisce tenersi stretto Berlusconi e condannarsi all’irrilevanza”, tuona il leader del M5s. Ma non è una rottura, quella di Di Maio. È, si sottolinea nel Movimento, la reazione ad una partita che Salvini sta giocando solo per sé, con l’obiettivo di un’opa sulla sua coalizione. È, si aggiunge nel M5s, un ribadire il punto chiave della trattativa: con Berlusconi dentro non potrà esserci Governo.

Del resto, il Centrodestra, dopo la riunione di Arcore, resta nel caos. La leader di FdI ribadisce in tivvù la volontà di cercare la maggioranza in Parlamento. “Il premier – sottolinea – deve essere espressione della nostra coalizione”. E quando gli si fa notare lo smarcamento della Lega, taglia corto: “Fa fede la nota del Centrodestra”. Ma Salvini, da Treviso, fa poi un nuovo strappo verso il M5s e si dice pronto a incontrare Di Maio. “Sono fiducioso in un governo col M5s”, spiega il leader del Carroccio. Salvini non vuole un incarico al buio ma non accenna neanche alle tensioni con Meloni e Berlusconi. Chiede a Di Maio di non mettere veti alla partecipazione di tutto il Centrodestra ma assicura che “l’unica cosa da escludere è un governo col Pd”. Il gioco delle parti è fitto, il cubo di Rubik ancora irrisolto. Anche se Giorgetti, braccio destro di Salvini e “saggio” della Lega, rafforza una prima possibile exit strategy. Su un nome terzo per la premiership “è giusto che tutti i protagonisti comincino a ragionarci”, propone.

E in serata Salvini conferma. Una figura terza? “Perché no, se sono persone valide che rappresentano tutti”. Anche se Di Maio al momento continua a porre la conditio sine qua non della guida di Palazzo Chigi. Ma è una condizione che, di fronte al veto su FI, potrebbe perdere forza col passare delle ore. E sebbene un nome condiviso per la premiership sia lontano, l’idea del terzo uomo, nei prossimi giorni, sono convinti da entrambi i fronti, potrebbe risolvere una parte importante del rebus per il Governo.