Ankara spara col made in Italy. Nel 2019 armi per 46 milioni. A tanto ammonta l’export bellico da gennaio a giugno. Il grosso delle commesse per forniture di munizioni

Chiaro l’annuncio del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ribadito anche oggi alla Camera: l’Italia varerà un decreto ministeriale per bloccare “l’export di armamenti verso la Turchia per tutto quello che riguarda il futuro dei prossimi contratti e dei prossimi impegni”. Un passaggio importante, come dichiarato dalla Rete Italiana per il Disarmo, ma che non risolve il problema alla radice. Bloccare le prossime autorizzazioni all’esportazione, infatti, non significa ovviamente fermare le armi e le commesse già autorizzate e che sono in consegna e lo saranno nei prossimi mesi. “Accogliamo positivamente l’annuncio del ministro Di Maio – ha detto non a caso il portavoce della Rete, Francesco Vignarca – Ma siamo preoccupati e in disaccordo che il decreto annunciato non riguardi la consegna derivante da vecchi contratti”. E la cosa non è secondaria.

“Da due fonti certe – commenta Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere (Opal) di Brescia – si può apprendere che l’Italia da anni sta fornendo alla Turchia ampie quantità di munizioni e munizionamento di tipo militare. Le relazioni all’Ue evidenziano che dal 2015 al 2018 è stato inviato ad Ankara munizionamento per oltre 160 milioni di euro a cui vanno aggiunti – come si ricava dall’Istat – oltre 40 milioni di euro spediti nei primi sei mesi di quest’anno. In altre parole, Erdogan sta usando munizioni e bombe italiane per sparare sulle popolazioni curde. Sono queste forniture che l’Italia e tutti i Paesi dell’Ue dovrebbero bloccare subito”.

Parliamo, nel dettaglio, di oltre 46 milioni di euro di armi e munizioni di tipo militare consegnate alla Turchia nel giro di soli sei mesi. Una cifra record. Per la gran parte (oltre 39 milioni di euro) si tratta di armi e munizionamento militare prodotti nella provincia di Roma, ma figurano anche quasi 5 milioni di euro dalla provincia di Brescia, soprattutto di componenti di armi come canne e caricatori (3,7 milioni di euro) che possono essere sia di tipo comune che militare. Difficile ovviamente dire se questa tipologia di fornitura di tipo militare possa essere direttamente coinvolta nelle operazioni lanciate in queste ore al confine con la Siria da parte dell’esercito di Recep Tayyip Erdogan, ma è senz’altro plausibile.

E c’è di più: “Sempre nel primo semestre del 2019 – spiega ancora Beretta – sono stati esportati dalla provincia di Roma alla Turchia componenti per aeromobili, veicoli spaziali e relativi dispositivi per un record di oltre 124 milioni di euro. Dai dati forniti dall’Istat non è possibile sapere e si tratta di materiali per uso civile, militare o di duplice uso”.

Anche da qui deriverebbe l’esigenza da parte dell’Uama – l’Ufficio della Farnesina che autorizza le esportazioni d’armamenti – di una maggiore trasparenza sul tipo di commesse e sui Paesi destinatari. C’è, tuttavia, un dato positivo, emerso da notizie di stampa e confermato a La Notizia dallo stesso Uama: al 30 settembre “il valore delle autorizzazioni all’esportazione di materiale d’armamento verso la Turchia è sceso dai 362 milioni di euro del 2018 a 49 milioni di euro”. Un calo importante ma che, come detto, non tocca le commesse già autorizzate e ora in consegna. Il nostro giornale aveva chiesto maggiori dettagli anche sulle tipologie di armamenti autorizzate. Ma per quanto riguarda le singole licenze, fa sapere l’Uama, non è possibile fornire ulteriori dettagli, “innanzitutto per motivi di tutela della riservatezza e concorrenza commerciale internazionale”. Insomma, la trasparenza anche in questi casi può attendere.