Caso Boschi, la Camera respinge la sfiducia al ministro. La difesa in Aula: “Chi sbaglia deve pagare”. Ma a lasciare la poltrona non ci pensa proprio

Sulla carta una formalità. Ma solo sulla carta. Perché il caso Boschi continua a promettere scintille e conseguenze attualmente difficilmente immaginabili per il futuro del governo. L’unica sorpresa della giornata di ieri è la linea difensiva scelta dal ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, che ha puntato sul lato dei sentimenti per difendersi dalle accuse di conflitto d’interessi: “Lasciatemi dire quello che ho nel cuore: amo mio padre, è una persona per bene, sono fiera di lui e fiera di essere la prima nella famiglia boschi ad essersi laureata”. E ancora: “Mio padre figlio di contadini faceva 5 chilometri a piedi andata e e ritorno e un’ora di treno per diplomarsi”, ha affermato il ministro, “La storia della nostra famiglia è semplice e umile non le maldicenze e le meschinità che sono state scritte. So che questo fa parte delle regole del gioco e non mi arrabbio ma spero se avrò la fortuna di avere dei figli che saranno orgogliosi del loro padre come io lo sono del mio”. Applausi, baci e abbracci in casa dem con 373 no alla mozione di sfiducia.

SCONTRO A 5 STELLE
“Chi sbaglia deve pagare, chiunque sia, se ha sbagliato mio padre deve pagare perché nell’Italia che stiamo ricostruendo non c’è spazio per due pesi o due misure ma non lo giudica un talk show”, ha affermato il ministro. Ma alò di là degli errrori del padre della Boschi, dove se ce ne sarà bisogno, si esprimerà la magistratura, resta il problema politico. C’è stato o no conflitto d’interessi nel provvedimento dell’esecutivo che ha portato al salva banche? Perché è questo il vero punto della questione. Soprattutto per un Governo che, al momento del giuramento, ha promesso l’abbattimento in poco tempo della questione del conflitto d’interessi, argomentazione principe per gli antiberlusconiani. E su questo punto il Movimento 5 Stelle ha lanciato fulmini a catena con l’intervento di Alessandro Di Battista: “Il conflitto d’interessi della Boschi è grande come una banca. Un ministro dovrebbe essere al di sopra di ogni sospetto, e lei non lo è al di sopra di ogni sospetto”.

PROBLEMA IRRISOLTO
La fiducia al ministro era scontata, ma il disastro sulle banche ha sfiduciato ben altro: la credibilità di tutto il sistema creditizio e degli organi di vigilanza. Chi doveva controllare non l’ha fatto, se non tardivamente e quando i buoi erano scappati da un pezzo. C’è poi un esecutivo che non ha fissato regole certe negando il conflitto d’interessicon  un suo ministro, con il papà vice presidente di una delle banche coinvolte. Ma il ministro Boschi ha attaccato: “Se le accuse fossero vere mi dimetterei”.
C’è poi un dato politico. E riguarda Forza Italia che ha deciso di non partecipare alla votazione e uscire dall’Aula. Decisione sollecitata da Berlusconi. Non messa in pratica da Renato Brunetta che ha votato sì. L’unico azzurro a votare. Il capogruppo di Fi ha poi detto: “Non ero in Aula. Correggano l’errore”.