Clima pesante a Reggio Emilia. I giudici del maxiprocesso Aemilia contro la ‘ndrangheta del Nord potrebbero finire presto sotto scorta. Spadoni (M5S): “Giusto assegnargliela”

I giudici del processo Aemilia si sentono minacciati

I giudici del maxi processo Aemilia, sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta nel Nord Italia (125 condanne), potrebbero finire presto sotto scorta. Il clima di tensione che si è creato a Reggio Emilia – la città che ha ospitato il dibattimento nato dall’inchiesta sulla cosca dei Grande Aracri di Cutro condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Bologna – preoccupa i tre togati che ora si sentono nel mirino, ma anche il prefetto della città emiliana, a cui spetta valutare l’assegnazione di un eventuale protezione. Sulla vicenda si è espressa anche la vicepresidente del Camera, la reggina Maria Edera Spadoni, affermando che sarebbe giusto assegnare la scorta ai giudici del processo Aemilia.

All’indomani della sentenza del 31 ottobre scorso a Reggio Emilia si sono verificati, infatti, alcuni preoccupanti episodi. Dalle urla in aula, subito dopo la lettura del dispositivo, di Vincenzo Iaquinta, l’ex calciatore juventino condannato a 2 anni per mancata custodia di armi, alle dichiarazioni dell’avvocato Carlo Taormina, difensore di quest’ultimo e del padre Giuseppe, condannato a sua volta a 19 anni per associazione mafiosa, che ha parlato di “pene troppo severe e poca dimestichezza in materia da parte del collegio giudicante”.

Senza dimenticare, poi, la vicenda di Francesco Amato. L’altro imputato, condannato anche lui a 19 anni, che dopo essersi sottratto all’arresto il 5 novembre scorso ha tenuto per otto ore in ostaggio cinque persone in un ufficio postale della periferia di Reggio Emilia, mentre fuori c’erano i suoi familiari che applaudivano inveendo contro la giustizia e le forze dell’ordine.

Dei tre togati che si sono occupati del processo Aemilia, al momento solo la giudice Cristina Beretti è sotto protezione per alcune minacce ricevute in passato. Mentre Francesco Maria Caruso, che ha presieduto il collegio, e Andrea Rat, non hanno né tutela né scorta, cioè le due misure più alte che potrebbero essere disposte per proteggerli.

Il prefetto di Reggio Emilia, Maria Forte, ha riferito che “sono in atto valutazioni a riguardo con un monitoraggio costante delle situazioni”. A chiedere maggiori misure di sicurezza attorno ai tre giudici è stato anche il presidente dell’ordine degli avvocati del foro reggino, Franco Mazza, sottolineando che “visto il clima sarebbe una cautela necessaria da adottare”.

“Sono assolutamente concorde – ha detto, invece, la vicepresidente della Camera Spadoni – sul fatto che il clima che si respira a Reggio Emilia, a seguito del pronunciamento della sentenza, è davvero preoccupante. Ho assoluta fiducia nel lavoro del prefetto. Sono ovviamente d’accordo sul fatto che anche il processo d’appello si svolga nella nostra città, la sua sede naturale”.