Conte non scappa. Il premier parla del Russiagate davanti al Copasir e alla stampa: “Non ho mai interloquito con Barr e Trump non mi ha mai parlato di questa inchiesta”

Non si sottrae alla stampa e all’opinione pubblica Giuseppe Conte. La prima volta si era dovuto presentare il 24 luglio scorso al Senato sul caso dei presunti fondi russi alla Lega di Matteo Salvini che, come il premier ha tenuto a specificare, non era presente quel giorno, non ha mai rilasciato dichiarazioni in merito né in Parlamento – più volte sollecitato con diverse interrogazioni – né alla stampa. La seconda volta, convocato ieri dal Copasir, Conte ha chiarito quale sia stato il ruolo effettivo dell’Italia nel Russiagate, cioè nell’inchiesta condotta negli Usa sulla presunta ingerenza di Mosca nelle ultime presidenziali americane, la genesi e le motivazioni dei due incontri a metà agosto tra il ministro della Giustizia americano William Barr, accompagnato dal procuratore John Durham, e i capi dei servizi segreti italiani e, infine, il contributo italiano alle richieste di Barr.

PUNTO SU PUNTO. Il premier, cui fa capo la delega ai servizi segreti, nel corso della conferenza stampa indetta a Palazzo Chigi subito dopo l’audizione a palazzo San Macuto durata poco più di due ore e mezza, ha precisato che la “nostra intelligence è estranea alla vicenda” e pur non entrando nei dettagli della seduta secretata, ha voluto chiarire di non potersi permettere il “rischio di ombre sul nostro operato istituzionale, anche perché il caso ha suscitato un tale clamore che ne sono nate una messe consistente di ricostruzioni fantasiose”. Il presidente del Consiglio ha affermato di non essersi sottratto a nessuna domanda posta dai dieci membri del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica presieduto dal leghista Raffaele Volpi e ha tenuto a puntualizzare, inoltre, di non aver mai parlato di questa inchiesta con Donald Trump, smentendo, quindi, le illazioni di quanti avevano messo in correlazione la vicenda con il noto tweet del presidente degli Stati Uniti a suo favore. Ribadendo di non aver mai incontrato o parlato al telefono con Barr, ha anche chiarito come quest’ultimo abbia fatto pervenire attraverso canali diplomatici la richiesta, che risale a giugno 2019, di informazioni alla nostra Intelligence.

Lo scopo era quello di verificare l’operato degli agenti americani, non era messo dunque in discussione l’operato dell’intelligence italiana, e aggiunge che “Se ci fossimo rifiutati di sederci a un tavolo con un nostro alleato storico avremmo arrecato un danno al nostro comparto di intelligence, oltre a una grave slealtà”. Fra il ministro della Giustizia Usa, che è anche responsabile dell’attività dell’Fbi, e i nostri 007, a quanto spiega Conte, ci sono stati due incontri, uno il 15 agosto e l’altro il 27 settembre. Lui non era presente ma ne era comunque stato informato. Il primo si è svolto nella sede del Dis, ed è servito a definire preliminarmente il perimetro della collaborazione, il secondo nella sede del comparto dell’intelligence di piazza Dante alla presenza dei direttori dell’Aise e dell’Aisi, ed è servito a chiarire che alla luce delle verifiche fatte la nostra intelligence è estranea a questa vicenda.