Duri a morire. L’ultimatum di Conte ricompatta l’esecutivo. Di Maio sente Salvini. Riparte il cambiamento

E’ il leader M5S, Luigi Di Maio, all’indomani dell’ultimatum lanciato dal premier Giuseppe Conte (o si governa o tutti a casa) ad alzare la cornetta a metà mattinata, poco prima di salire al Colle per incontrare il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Una telefonata “lunga e costruttiva” con l’alleato Matteo Salvini che segna il primo passo verso la pace post elettorale tra Cinque Stelle e Lega. Arrivata dopo l’ultimo avviso al Carroccio, recapitato in diretta televisiva da Conte: il “superemendamento” di Salvini, che punta a sospendere per due anni il codice degli appalti rischia, avverte il premier da Torino, di “creare il caos” e far decadere l’intero decreto, che include anche le misure per i terremotati. Un ultimo appello che raggiunge l’obiettivo. Nel giro di poche ore dalla telefonata tra Di Maio e Salvini, le parole si traducono in fatti concreti.

SEGNALI DI PACE. Prima con l’intesa sul decreto Sblocca-cantieri, che chiude l’incidente dell’altra sera a Palazzo Chigi, dove un Conte furioso aveva interrotto il vertice con le forze della maggioranza quando la Lega si era rifiutata di ritirare l’emendamento che puntava alla sospensione per due anni del codice degli appalti. Nodo sciolto nel primo pomeriggio di ieri con l’annuncio dell’intesa sul provvedimento atteso per oggi in aula al Senato. Con la benedizione congiunta dei due capigruppo M5S e Lega a Palazzo Madama, Stefano Patuanelli e Massimiliano Romeo. Roba che non accadeva ormai da mesi. Ma al centro della telefonata tra i due leader c’è anche la “riflessione condivisa sui cambiamenti da apporre alla squadra di Governo”.

Un modo alternativo per definire il possibile rimpasto che l’inversione dei rapporti di forza interni alla maggioranza, sancita dalle ultime Europee, rende in qualche modo inevitabile. Poi, a cascata, si sblocca anche la partita del decreto Crescita, impantanato dalle tensioni interne alla maggioranza, in commissione a Montecitorio. Ma il vero dossier che scotta sul tavolo del Governo resta quello dell’economia. Con la tenuta dei conti pubblici che preoccupa innanzitutto il Quirinale.

E proprio oggi è attesa la risposta di Bruxelles alla lettera di chiarimenti inviata dal ministro dell’Economia, Giovanni Tria, nei giorni scorsi a Bruxelles per rispondere ai rilievi della Commissione europea sull’eccesso di debito relativo al 2018. Una risposta dalla quale si capirà se le istituzioni Ue intendono avviare l’iter per aprire una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia. Un nuovo banco di prova per il Governo dopo la delicata trattativa dell’anno scorso, sempre con Bruxelles, per varare la prima Manovra del cambiamento.

SFIDA CON L’UE. Una questione che si riproporrà oggi e che, di certo, sarà il test decisivo per saggiare la coesione della maggioranza. “Non possiamo andare lì col cappello in mano”, insiste Salvini che non ha fatto mistero, del resto, dell’intento di sforare, se necessario, i parametri Ue. Ma per trattare e poi per affrontare una manovra d’autunno che si preannuncia a dir poco complicata il presidente del Consiglio, come ricorda Di Maio, ha posto come condizione imprescindibile la “coesione” del Governo. Domenica si terranno i ballottaggi per le amministrative. Poi, con la campagna elettorale in archivio, inizierà il solito braccio di ferro con l’Ue.