L'Editoriale

Una cura per politica e toghe

Non facciamo le verginelle. Chi legge un giornale come La Notizia lo fa per essere informato senza quelle censure che la stampa mainstream si infligge da sola, senza dare a chi di dovere neppure il fastidio di nascondere la polvere sotto al tappeto. Dunque diciamolo chiaro: quello che sta emergendo sul Csm è uno di più grandi scandali della Repubblica, che però si ripete identico da decenni, per il metodo con cui la politica ha scelto di gestire i suoi rapporti inconfessabili con la magistratura. Se i due piani apparentemente non si incontrano mai, in realtà sottobanco le toghe hanno bisogno dei partiti rappresentati nel Csm per fare carriera, e i partiti acquisiscono crediti e coperture decidendo chi promuovere e chi trasferire.

In tal senso le intercettazioni pubblicate ieri anche da questo giornale sono esemplari. L’ex ministro renziano Luca Lotti manovrava, anche con espressioni eloquenti (della serie:  “A Ermini bisogna dare un messaggio forte”), per scegliersi il capo dell’ufficio che lo sta accusando nel processo Consip. Un sistema tutt’altro che inconsueto. In un colloquio con il presidente emerito Francesco Cossiga, che ho riportato in un libro scritto anni fa insieme all’ex segretario liberale Renato Altissimo, il picconatore rivelava che Dc e Pci avevano un accordo non scritto per scegliersi i primi i presidenti dei tribunali e i secondi i pretori, poi trasformati in pubblici ministeri. Una spartizione garantita dalle correnti della magistratura, che altro compito non avevano se non questa gestione del traffico.

La cura non è quindi sostituire i consiglieri di Palazzo dei Marescialli beccati per un “porco trojan”, ma fare in modo che gli uffici apicali dei palazzi di giustizia siano regolati in totale autonomia dalla politica, per esempio sorteggiando i candidati con precisi requisiti di merito e anzianità. La riforma del ministro Bonafede – che ieri ha potuto solo inviare gli ispettori per certificare quanto già sappiamo – va nella direzione giusta. E se anche non risolverà tutti i problemi di un rapporto comunque difficile tra politici e giudici, male che vada toglierà ai primi la tentazione e ai secondi l’ipocrisia di un’autonomia che finisce a mezzanotte nella hall di un hotel.