Governo giallorosso di svolta. Pd e M5S d’accordo sul new deal. Questa mattina Conte al Quirinale. Ha sette giorni di tempo. Deve fare presto

Prima il programma e poi i nomi. Non sarà poi così ma il Pd e il Movimento 5 Stelle ne stanno facendo il solito mantra. Su una cosa gli ex nemici sembrano però alla fine aver trovato un reale accordo e forse al momento è la più importante: il nuovo Governo non sarà una “staffetta”, come ha precisato Nicola Zingaretti, e su un progetto condiviso dovrà rappresentare un Esecutivo di svolta. Il tentativo è quello di un new deal per il Paese. Con meno spot e maggiore sostanza. Fondamentale sia ai dem, per far digerire al loro elettorato l’abbraccio con i nemici di un tempo, che a Luigi Di Maio per la stessa ragione e per scaricare definitivamente sulla Lega le precedenti responsabilità.

I DEMOCRATICI. Il via libera definitivo all’intesa è arrivato ieri mattina dopo un nuovo incontro tra una delegazione del Pd e una del Movimento 5 stelle. Poi, prima di salire al Colle, il via libera dato dalla Direzione dem a Zingaretti per portare avanti l’accordo e presentarlo al Presidente della Repubblica. Ma sempre e solo per far nascere un Esecutivo ben diverso da quello giallo-verde, “di svolta e di discontinuità”. Il segretario del Partito democratico, dopo le consultazioni, ha inoltre cercato di mettere la parola fine anche alla stagione degli insulti con i 5 Stelle, considerando che c’è un Governo da fare e delle ottime possibilità nelle Regioni di replicare l’intesa e fermare così la Lega. “Nei tempi complicati che viviamo – ha sottolineato Zingaretti – sottrarsi alla responsabilità del coraggio di tentare è l’unica cosa che non vogliamo e non possiamo permetterci”. Con il primo obiettivo di “mettere fine alla stagione dell’odio, del rancore e della paura”.

LA RIVELAZIONE. Cambio di passo e distensione che arriva anche dal fronte pentastellato. Lo stesso Luigi Di Maio, che in questi giorni ha giocato anche una partita molto personale per evitare di finire all’angoletto con il posto di leader preso da Giuseppe Conte, ha affermato che si stanno vivendo “ore molto difficili per il Paese, in cui ognuno dovrebbe saper dimostrare responsabilità”. “Ci siamo ritrovati in una crisi di governo senza un perché – ha specificato – per colpe che non sono certo attribuibili al M5S. Mi sorprende che qualcuno sembri essere più concentrato a colpire il sottoscritto che a trovare soluzioni per gli italiani”. Infine la conferma a Mattarella di aver avviato un lavoro positivo con il Pd per formare un Governo di legislatura e di aver ottenuto definitivamente il via libera a una riconferma di Conte come presidente del consiglio dei ministri.

“Il riconoscimento ricevuto ieri dal presidente Trump ci indica che siamo sulla strada giusta”, ha dichiarato il leader pentastellato al termine delle consultazioni. E poi ha confermato quanto dichiarato sempre ieri dal ministro dell’agricoltura Gian Marco Centinaio, relativamente all’offerta che gli ha fatto la Lega fino a martedì scorso: nuovo Governo giallo-verde con lui premier. “Come capo politico chiederò che il percorso di formazione del nuovo governo – ha concluso – parta dalla redazione di un programma omogeneo”. Ma niente più contratto e nessun premier notaio.

IL GARANTE. Una nuova stagione, diversa da quella giallo-verde, seppure con l’utopia che possa essere definitivamente messa nel cassetto la battaglia sui Ministeri, l’ha infine evocata ieri anche Beppe Grillo. “Questa crisi – ha scritto su Facebook il garante del Movimento 5 Stelle – somiglia sempre di più ad un guasto dell’ascensore: quello che conta è mantenere la calma, non fare puzze e non dimenticare chi siamo. Non facciamoci distogliere dalle incrostazioni che la realtà ha lasciato sui nostri scudi”. Ancora: “Un po’ di poltronofilia c’è ma non ci sono i tempi né per un contratto e neppure per chiarirci su ogni aspetto. I ministri vanno individuati in un pool di personalità del mondo della competenza, assolutamente al di fuori dalla politica. Il ruolo politico lo svolgeranno i sottosegretari”.

Sette giorni di tempo. Conte deve fare presto

Va messa a punto la Manovra economica e occorre indicare un candidato per la Commissione europea. Solo due delle scadenze sul piano interno e internazionale per l’Italia. Il lavoro da fare è tanto e il tempo è poco. Oggi, appena ricevuto il nuovo incarico dal Presidente della Repubblica, Giuseppe Conte dovrà quindi fare preso per chiudere il cerchio sul programma e stilare la lista dei ministri. Non avrà più di una settimana. E poi dovrà tornare al Colle presentando al Capo dello Stato i risultati.

LA DECISIONE. Al termine del secondo giro di consultazioni e dopo essersi confrontato con i suoi consiglieri, poco dopo le 20 di ieri il Presidente Sergio Mattarella ha comunicato di aver convocato per questa mattina alle 9.30 Giuseppe Conte. Un faccia a faccia per conferire al premier un altro mandato. Il Capo dello Stato, in base a quanto trapelato dal Quirinale, sembra si aspettasse di più dal Movimento 5 Stelle e dal Pd. Sperava di assistere a meno acrobazie negli ultimi giorni e soprattutto che pentastellati e dem si presentassero alle consultazioni con in mano qualcosa di più solido relativamente al programma da voler portare avanti e alla nuova squadra di Governo. Un particolare che rende il lavoro di Conte più difficile e da svolgere con maggiore fretta.

PROSSIMO STEP. Il premier, una volta ricevuto l’incarico da Mattarella, dovrà mediare più di quanto ha fatto sinora tra dem e pentastellati per trovare una sintesi tra i tre punti imprescindibili subito indicati dal Pd e i dieci esposti dal M5S come base del nuovo progetto di Esecutivo. Dopo le dichiarazioni di prassi sulle scelte compiute per il bene dell’Italia e lo stop alle derive sovraniste della Lega, Conte dovrà cercare di far raggiungere alle due forze politiche un accordo solido sulle cose da fare, cosciente che diversi sono i punti di contatto, che passi in avanti sono già stati compiuti, ma molti sono anche i temi che dividono i due partiti. E Mattarella non accetterà accordicchi che potrebbero far durare il Governo giallorosso meno di quello giallo-verde.

Il Capo dello Stato è stato subito chiaro: o c’è la possibilità di far nascere un Esecutivo di legislatura o si torna al voto con un Governo di garanzia necessario soltanto a traghettare il Paese fino a nuove elezioni. Un’impresa quella del premier in cui, oltre al programma, dovrà mettere definitivamente d’accordo il Movimento 5 Stelle e il Pd anche sulla lista dei ministri. Fino a ieri sera del resto a creare tensioni restava sia la decisione dei 5 Stelle di sottoporre il nuovo progetto di governo al voto sulla piattaforma Rousseau che soprattutto il nodo del vicepremier, con i dem fermi sul no a tale ruolo per Luigi Di Maio, considerando già Conte espressione del Movimento e rivendicando così il diritto ad avere loro un vice.

Partita dura ma non impossibile. Del resto Conte ha già dimostrato ampie doti di mediatore, riuscendo in particolare martedì scorso, quando i rapporti tra Pd e M5S sembravano interrotti, a far riprendere il dialogo alle due forze politiche e ad arrivare all’intesa poi presentata dalle due delegazioni al Colle. Il Governo giallorosso sembra ormai destinato a vedere presto la luce. Ma al di là delle rassicurazioni e delle dichiarazioni d’intenti resterà da vedere se si rivelerà realmente un Governo di legislatura.