I poteri forti scaricano Ignazio Marino

di Andrea Koveos

Alemanno e Marchini contano sui soldi dei poteri forti, il grillino, De Vito punta sul buon cuore dei militanti e a Marino del Pd non resta che meditare in solitudine, abbandonato da tutti, per prima dal proprio stesso partito. Eppure anche lui sa che per vincere ci vogliono i milioni, di euro, che non si trovano sotto il cavolo. Servono contatti, alleanze politiche e buoni rapporti.
Il budget fissato dall’ex senatore per la sua campagna elettorale è di “appena” 350 mila euro, cifra che presumibilmente sarà coperta da donazioni private di pochi fedelissimi sostenitori.
Un chirurgo alla conquista di Roma, senza un esercito, senza capitali e con poche e discusse idee che non hanno ottenuto successi strepitosi. In città, per il momento, non esiste alcun facoltoso volontario disposto ad appoggiare il medico genovese.
Un extraterrestre avulso dal contesto romano del Pd, un battitore libero che ha riscosso più antipatie che apprezzamenti. Perfino i suoi colleghi di partito, anche durante le primarie del centrosinistra, non gliele hanno certe mandate a dire. Una brava persona, come si diceva anche di Bersani, che però conta esclusivamente sul voto ideologico. Non è un caso che gli unici alleati provengano dalle file più esterne, quelle della sinistra radicale di Luigi Nieri per esempio. Marino è un estraneo anche per il tessuto imprenditoriale della città. Visto con diffidenza financo da Caritas e Comunità di Sant’Egidio che pure, tradizionalmente sono vicini al centrosinistra.

L’uscente
Discorso opposto merita il sindaco uscente Gianni Alemanno che per la sua rielezione ha fissato un budget di quasi due milioni di euro. Un milione già coperto grazie a una cena di autofinanziamento a cui non sono mancati importanti finanziatori come Domenico Bonifaci, costruttore immobiliarista ed editore de Il Tempo, i fratelli Patelli e il presidente di Acea Spa, Giancarlo Cremonesi. Si sa, la campagna elettorale per costa un’enormità.
Per avere qualche possibilità di conquistare il Campidoglio, quindi, occorre disporre prima di tutto di un buon capitale. Somme enormi di denaro che nella Capitale possono essere trovati con relativa facilità, bussando nelle porte giuste. E le porte giuste sono quelle dei costruttori, dei palazzinari, gli unici che, crisi o non crisi, non si sottraggono a versare l’obolo per una giusta causa. Imprenditoriale più che ideologica. L’edilizia nella Capitale, infatti, è sempre stata volubile, mai fedele a un solo credo. Con grande facilità riesce a passare da una parte all’altra degli schieramenti politici a seconda delle necessità o semplicemente solo per partecipare “interessatamente” all’agone elettorale. Del resto c’è ancora tanto da costruire. Chi conosce il Grande raccordo anulare e ha potuto notare alcune distese verdi senza case, si rassegni. Tutto, prima o poi, sarà cementificato e avere un posto in prima fila nell’aula Giulio Cesare non è questione di poco conto, vista l’importanza della torta. Anche per questo le dinastie dei costruttori romani, spesso si dividono i compiti preferendo giocare sul sicuro e puntando sia sul nero che sul rosso.
E’ il caso dei fratelli Toti: Claudio appoggia Alemanno e Pierluigi, Marchini. Stesso vale per i fratelli Caporlingua: Gianfranco opta per il centrodestra, mentre Andrea preferisce il collega Alfio. L’impresa Scarpellini non avrebbe ancora deciso ma è molto probabile che non farà torto a nessuno. Così come sono in bilico le decisioni della Famiglia Parnasi, che nelle ultime regionali hanno offerto la loro disponibilità a Nicola Zingaretti ma non è escluso un loro ripiegamento a destra. Caso a parte merita Caltagirone che dispone di molti strumenti economici e comunicativi per “regolarsi”, anche in corso d’opera, su chi sia preferibile sostenere. In ogni caso c’è rimasto poco meno di un mese per chiudere “contratti” con la società bene.

Ricco di Famiglia
Società e salotti, del resto, molto vicini ad Alfio Marchini, bello fortunato e ricco di famiglia a cui effettivamente basterebbe una telefonata per trovare qualche spicciolo di solidarietà politica. La sua ex suocera, è Franca Ferruzzi rappresentate di spicco di una delle famiglie più conosciute del capitalismo italiano.
A differenza dell’ex senatore e nonostante l’ingegnere non abbia mai ricoperto incarichi di partito, il suo radicamento politico è profondo. Possiede buoni rapporti sia con il presidente del Consiglio, Enrico Letta sia con la tradizionale nomenclatura rappresentata da Massimo D’Alema. Dice bene di tutti: da Renzi a Barca; solo al povero Marino ha riservato più di qualche critica definendolo frutto di un’opzione esclusivamente identitaria. Nel curriculum di Marchini, sono annotati incarichi rilevanti: consigliere d’amministrazione Rai, presidente del Consiglio di amministrazione di Sipra, amministratore delegato di Roma Duemila S.p.a; entra a far parte anche del Cda della Banca di Roma. Vicino anche a Comunione e Liberazione e Opus Dei, non ha ancora comunicato quanto ha preventivato di spese elettorali. La cosa certa è che al suo fianco avrà il gotha dell’edilizia romana come Franco Gaetano Caltagirone, Mezzaroma e figli ed Erasmo Cinque. Delle sue spese renderà presisa comunicazione a bilancio consuntivo. Finanziatori compresi.

Il grillino
Trattative economiche costose, fuori dalla portata e dalla filosofia del candidato del Movimento 5 Stelle, Marcello De Vito. Il grillino ha fissato in 50 mila euro il tetto massimo di spesa per la sua campagna elettorale. Gli sponsor saranno soprattutto militanti del Movimento che potranno contribuire, on line ovviamente, con un versamento.
Si tratta, in media di 10 – 20 euro di contributo volontario per ciascun simpatizzante. Del resto la partita dei grillini si sposta dal fronte economico a quello ideologico, fondato sul malcontento diffuso.
Una candidatura che non solo farà da ago della bilancia in caso di ballottaggio, ma che rischia di porsi come unico contendente del sindaco uscente Alemanno. Palazzinari permettendo.