I rapporti sessuali del Cav? Chiodo fisso per la Procura

di Angelo Perfetti

‘Ndrangheta, malavita dell’Est, mafia cinese, immigrazione clandestina dai paesi arabi, inquinamento dei poteri forti sui conti pubblici, incursioni di speculatori esteri al limite e spesso oltre il lecito. Intorno e dentro all’Italia c’è tutto questo, ma ormai da anni una procura è ferma sulle tette della Minetti e sul fondoschiena di Ruby. E su questo si sta celebrando a Milano un processo infinito, che coinvolge – ed è questo l’unico motivo per cui è stato aperto – Silvio Berlusconi. E non a caso la richiesta di condanna è abnorme rispetto alla media delle richieste per reati ben più gravi. Sull’uomo ognuno può avere la propria considerazione, sul politico anche. Palazzo di Giustizia ingessato Ma sul processo, resta il fatto che tutto ruota intorno al concetto di prostituzione, e che per questo una parte della Procura di Milano è da anni volontariamente ingessata su un solo caso. Per il quale ha messo su un castello accusatorio equivalente a quello che individua i clan della malavita organizzata dove lo sfruttamento è finalizzato ad incamerare denaro da utilizzare poi per l’attività criminale stessa. Non esattamente la stessa cosa per il Cavaliere che il denaro – semmai – lo ha sempre speso. “Non è un processo ai costumi dell’uomo – ha detto il pm Sangermano – arrivando poi ha chiedere sette anni di carcere per Emilio Fede, Lele Mora e Nicole Minetti. In più il procuratore aggiunto Piero Forno e il pm Antonio Sangermano hanno chiesto l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, dalle scuole e dai servizi che hanno a che fare coi minori per Mora, Minetti e Fede. Il punto “giudiziario” del processo è indubbiamente la prostituzione, il punto “politico” è l’ombra della persecuzione giudiziaria. Sangermano chiarisce ancora: “Nessuna intenzione di sindacare la persona Silvio Berlusconi, o di giudicare uno stile di vita, perché la vicenda di quest’uomo la giudicheranno le urne e la storia’’, ma il puntuale adempimento ‘’con onore di un dovere istituzionale’’, quello di ‘’indagare, come impone la legge, ‘’alla presenza di una notizia di reato, tra l’altro ‘’macroscopica’’. Le accuse di moralismo La Procura milanese ha, in sostanza, respinto al mittente gli attacchi e le accuse di moralismo arrivati dopo l’intervento di Ilda Boccassini, qualche settimana fa, nel processo ‘parallelo’ a carico dell’ex premier. La prima parte dell’intervento del pm è stata, dunque, una sorta di risposta implicita alle ‘stilettate’ arrivate da esponenti politici, ma anche da commentatori. Irrituale, verrebbe da dire, visto che un processo si basa esclusivamente sulle carte e sulle prove che si formano in dibattimento. Ma tant’è. Ciò che invece bisogna sottolineare della vicenda Ruby, dal punto di vista processuale, è che ‘’i pm – ha chiarito Sangermano – hanno ricevuto una macroscopica notizia di reato: c’era una ragazza minorenne che girava per le strade di Milano con pacchi di denaro, che viveva con una prostituta e che andava a casa di un uomo ricco e potente da cui diceva di ricevere denaro, dopo essere fuggita da una comunità’’. Nel corso delle indagini i pm sono convinti di aver trovato riscontri e prove incontrovertibili. Le prove presentate Che, in poche righe, possiamo raccontare così: 1) “Non vi è dubbio che Karima nelle intercettazione alluda continuamente ad atti sessuali con Silvio Berlusconi benché la ragazza abbia sempre negato”; 2) “Nicole Minetti non svolgeva solamente un’attività di intermediazione con loro, ma partecipava attivamente alle serate di Arcore compiendo atti sessuali retribuiti”; 3) Fede e Mora, “Non diciamo compari, perché è un termine dispregiativo, ma definiamoli sodali e complici”. Secondo il pm, i due seguivano sempre lo stesso schema nell’individuare le ragazze da portare ad Arcore e nell’inserirle all’interno del circuito. Si comportavano “come assaggiatori di vini pregiati” che valutavano la gradevolezza estetica delle giovani, poi le facevano «un minimo esamino di presentabilità socio-relazionale» e le immettevano nel circuito. La replica di Ghedini Per l’avvocato di Berlusconi, Nicolò Ghedini, “la requisitoria di quest’oggi pronunciata nel processo Fede, Minetti, Mora non può che lasciare stupiti per la mancanza di correlazione fra la realtà processuale e le tesi accusatorie. A casa del Presidente Berlusconi mai si sono verificati accadimenti quali quelli narrati”. Lo afferma in una nota Niccolo’ Ghedini, legale di Silvio Berlusconi. “Tutti i testimoni non solo hanno escluso qualsiasi attivita’ prostituiva ma anche che si siano verificate situazioni volgari o illecite. Ancora una volta a Milano – sottolinea Ghedini – assistiamo ad una aggressione totalmente sganciata dalle risultanze processuali alla vita privata e all’onorabilita’ del Presidente Berlusconi che non puo’ non destare sconcerto”. L’ira del Cavaliere “Ci risiamo, il vero obiettivo sono io, l’aggressione continua, vogliono farmi fuori”. Silvio Berlusconi a stento avrebbe trattenuto la sua rabbia dopo la richiesta di condanna a 7 anni di carcere ciascuno per Emilio Fede, Lele Mora e Nicole Minetti. Ma non sarebbe a rischio la tenuta del governo.