Il flop del taglio alle Authority firmato Monti

di Claudio Antonelli per Libero

A dicembre del 2011, il neo presidente del Consiglio Mario Monti varò il progetto Authority leggere. Sono passati due anni e mezzo. Una mini dieta c’è stata. Ma l’ok per la prova costume è ancora un sogno. Le Autorità indipendenti con i circa 1800 dipendenti costano di personale (compresi gli esterni) addirittura 207 milioni di euro e doppiano le spese delle cugine europee. Nel 2012 la paga lorda media dei dipendenti si è aggirata sui 78mila euro; il che significa un costo aziendale superiore ai 110mila. Importo che arriva a circa 140mila in Consob, l’autorità che controlla Borsa e società quotate, e in Aeegsi, che si occupa di energia e acqua. Il valore medio dei costi per dipendente nell’Ivass (ex Isvap, ovvero assicurazioni) rientra nella media nazionale, mentre se si prende in considerazione l’Autorità per la privacy si sale a circa 130mila euro. Nel complesso quattro anni fa il costo medio dei dipendenti superava i 120mila euro. Ma il taglio di diecimila euro scarsi è una nocciolina, se si considera che in Germania, Spagna e Inghilterra più o meno si spendono 60mila euro pro capite. Il calcolo non è certo statistico ed è suscettibile di qualche imprecisione. Ma l’ordine di grandezza è il seguente: la Ofgem, l’Autorità dell’energia inglese, nel 2012 ha speso per 637 dipendenti circa 46 milioni di euro, ovvero 72mila euro pro capite. La Bundesnetzagentur, che si occupa di gas, elettricità, telecomunicazioni e rotaie, per i circa 2700 dipendenti ha speso una media di 61mila euro. Infine la Cnmc spagnola, l’Autorità dei mercati, con meno di 200 persone a busta paga si è aggirata sui 48mila euro. Messi assieme gli importi e diviso per tre fa circa 60mila euro. Anche i costi medi complessivi dei collegi in Italia a confronto sono stratosferici. Se la Germania spende circa 176mila euro, l’Autorità per l’Energia si avvicina ai 400mila euro e si arriva a 600mila per le Autorità più dispendiose.

Le retribuzioni, come quelle dei commissari e dei presidenti delle Authority, sono al di sotto del tetto agli stipendi dei vertici della Pa introdotto dal 2012, ma risultano di gran lunga al di sopra di quella del capo dello Stato (239.181 euro lordi) che il governo Renzi ha individuato come parametro di riferimento per i super-manager pubblici. Dai dati forniti dalla Ragioneria di Stato con il Conto annuale 2012 emerge l’elevato livello retributivo della dirigenziale: il 17,7% della spesa complessiva per redditi nel pubblico impiego (in tutto 147,5 miliardi che diventano circa 158 miliardi tenendo conto del costo del lavoro) è assorbita da stipendi superiori ai 50mila euro lordi (tra i 2.500 e i 2.900 euro netti mensili). Sulle retribuzioni dei 156mila dirigenti pubblici ha già puntato i suoi riflettori l’Ocse con un report con cui ha evidenziato che nel 2011 lo stipendio di un senior manager del settore pubblico era di 650mila dollari, quasi il triplo di quello medio di tutti i membri dell’Organizzazione (232mila dollari) e superiore a quelli di Gran Bretagna (348mila), Stati Uniti (275mila), Francia (260mila) e Germania (231mila). Nel 2012 e 2013, le Autorità indipendenti hanno già avuto interessanti limitazioni. Assunzioni di personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato entro il limite del 20% delle risorse relative alla cessazione dei rapporti di lavoro intercorsi nell’anno precedente. In ogni caso il numero delle unità di personale da assumere non poteva eccedere il 20% delle unità cessate nell’anno precedente. Le percentuali però aumenteranno nella misura del 50% per 2014 e del 100% a decorrere dall’anno 2015. Eppure qui sarebbe più semplice intervenire e la dieta andrebbe applicata sulle intere logiche di costi per arrivare a standard europei. Non il solito turnover ma una vera e radicale riorganizzazione. Per il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, potrebbe essere un obiettivo da raggiungere assieme al promesso taglio del 10% delle bollette per le pmi.

A cominciare dall’Autorithy per l’energia che ha una sede a Milano, un ufficio a Roma e una decina di direttori centrali ed è impegnata in questo momento a dare attuazione al taglio promesso da Renzi. Fatto 14 miliardi l’importo delle bollette per le aziende serve dunque un miliardo e mezzo di risparmi tra oneri e costi occulti. Paradossalmente però è stato varato la scorsa settimana un documento che si chiama capacity payment. Si tratta di una consultazione urgente (solo otto giorni) al termine della quale per equilibrare il sistema dei flussi energetici si prevederà una forma di retribuzione transitoria a favore degli impianti a ciclo combinato. In pratica se la capacità intermittente crescesse ancora a ritmi aggressivi servirebbe maggiore flessibilità da parte delle centrali. I cicli combinati oggi non sarebbero in grado di darla e quindi si pensa a incentivarli. Secondo le stime ufficiali si tratterebbe di un aggravio di costi che viaggia tra i 500 e i 600 milioni. Secondo alcuni esperti del settore fino a 1,5 miliardi. Non è detto che il tutto si concretizzi (se ne era già parlato nei tempi di maggiore crisi di liquidità di Sorgenia) e non è detto che gli oneri finiscano in bolletta. C’è da augurarselo. Perché anche se tale cifra non dovesse ricadere sulle bollette i maggiori costi farebbero da contraltare a quell’eliminazione degli oneri occulti necessaria per attuare il taglio a favore delle Pmi. Nel migliore dei casi gli aiuti alle centrali combinate dimezzerebbero il taglio annunciato da Renzi. Nel peggiore lo ammazzerebbero prima di nascere.