Il paragone squinternato tra M5S e Berlusconi. L’autorizzazione a procedere per Salvini sta diventando un pericoloso regolamento di conti

Il caso Diciotti e la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini

D’accordo il gusto della provocazione, va benissimo lo stimolo a una forza politica perché non smarrisca i suoi valori originari, ci sta persino la ripicca per qualche scelta diversa rispetto alle aspettative, ma l’ardita conclusione dei Cinque Stelle uguali a Berlusconi, a cui è arrivato ieri il Fatto quotidiano sa di stravagante se non di oggettivamente irreale. A leggere il giornale di Marco Travaglio scopriamo che nel Movimento cresce in modo esponenziale il convincimento a non concedere l’autorizzazione a procedere contro il ministro Matteo Salvini per l’ancora più intrepida conclusione di alcuni magistrati su un comportamento delittuoso nella vicenda della nave Diciotti.

A dire il vero, questa larga maggioranza M5S contraria a mettere in pericolo il Governo per accontentare un capriccio della magistratura, è stata documentata da La Notizia già sabato scorso con un ampio sondaggio. Ad aiutarci a fare chiarezza era un sondaggio in esclusiva realizzato per noi dalla società di rilevazioni Gpf. I motivi di questo evento nuovo nella storia del pentastellati sono molteplici. I 5S, da sempre favorevoli a concedere l’autorizzazione a procedere per i parlamentari (tanto da averla accordata a tutti i propri eletti), non sono affatto i sempliciotti con l’anello al naso incapaci di comprendere che una cosa è far processare un ladro o presunto tale, un’altra è consentire alla magistratura di giudicare un atto politico, come sicuramente e pubblicamente è stato il comportamento dell’intero Governo Conte a fronte dell’arrivo in Europa di un nuovo carico di naufraghi, di cui la suddetta Europa come al solito lasciava solo all’Italia la responsabilità di occuparsi di tutto: accoglienza, lavatura e stiratura.

Di qui il dibattito interno, che il Fatto non si limita a raccontare, ma prova a orientare, muovendo un’accusa pesantissima a una forza politica che del berlusconismo non ha davvero nulla, se non il diritto di rivendicare le battaglie contro molti esponenti di Forza Italia, a partire dal Sol del passato, del presente e dell’avvenire che da 25 anni sorge ad Arcore e a maggio spera di non tramontare a Bruxelles.

Quella del Fatto sembra perciò più di una forzatura, che probabilmente ne disorienta anche i lettori e che si può comprendere solo attribuendo al suo direttore la delusione per l’alleanza tra Di Maio e Salvini. Un contratto che ha dissolto il progetto di spedire al Governo del Paese i 5S con il Pd, in un caravanserraglio su cui avrebbero trovato posto la Boschi, Orfini, Martina, Renzi e i popcorn. Un disegno che il Quirinale affidò al presidente della Camera Fico, senza però arrivare a niente. Così si arrivò all’intesa M5S e Lega e alla storia che conosciamo, dove al netto di non poche sbavature oggi stanno partendo il Reddito di cittadinanza e diverse altre misure di equità sociale.

Per Travaglio è troppo poco? È chiaro che al meglio non c’è fine, ma iniziare a far passare che i Cinque Stelle al Governo si sono contaminati con il potere alla stregua di un Berlusconi qualunque significa iniettare nel Movimento un virus di cui non c’è vaccino che tenga, semmai la metamorfosi si completi a tal punto da convincere tutti che ai vaccini non c’è alternativa.