Le imprese muoiono di burocrazia. Fino a 90 scartoffie per aprire i battenti. La fotografia impietosa in un Rapporto della Cna

Tra pratiche e permessi si buttano quasi 20mila euro

Semplificare la burocrazia – anzi, le mille diverse burocrazie con cui devono confrontarsi le imprese nei Comuni e nelle pubbliche amministrazioni periferiche – avrebbe un effetto virtuoso paragonabile ai benefici che il Governo sta cercando di ottenere convincendo l’Europa sulla bontà della Manovra economica. Tanto che ieri, nel corso della presentazione del primo Rapporto dell’Osservatorio Cna sull’impatto della burocrazia nei diversi settori produttivi, si è parlato di spread burocratico. Un riferimento tutt’altro che fuori luogo all’attuale spaventosa situazione dei mercati finanziari, in quanto la fotografia realizzata dalla maggiore Confederazione nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa mostra un quadro disastroso. Solo per aprire e far funzionare un bar, un’autofficina, una gelateria o una falegnameria servono fino a quasi novanta adempimenti, inseguendo uffici di ogni genere e anticipando molti soldi. Un ostacolo che scoraggia molte iniziative e finisce per contribuire a desertificare l’economia nazionale.

LO STUDIO – Per questo l’organizzazione artigiana ha presentato al Governo e alle forze politiche di maggioranza e opposizione questo lavoro, condotto su un campione realmente significativo nel Paese, avviando un dialogo che il sottosegretario con delega alla Pubblica amministrazione Mattia Fantinati (M5S) ha promesso di sviluppare già dalle prossime settimane. Introdotto dalla vice presidente Cna, Stefania Milo, e dal responsabile dell’Osservatorio, Marco Capozzi, il sottosegretario ha illustrato le linee guida del Governo su questo importantissimo terreno, evidenziando tre priorità: non si farà l’ennesima riforma del settore ma si agirà con buon senso sui punti più problematici; si punterà moltissimo sulla digitalizzazione dei processi, anche utilizzando le migliori esperienze estere, e si punterà su una maggiore efficienza della dirigenza.

Un percorso sul quale il Parlamento intende procedere celermente, ha detto la presidente della Commissione Attività Produttive della Camera, Barbara Saltamartini, coinvolgendo anche le opposizioni. Pur con qualche diffidenza, dal Pd e Forza Italia è arrivata in tal senso un’apertura, con la capogruppo Dem in Commissione Attività Produttive Sara Moretto e il vice presidente della Commissione Lavori Pubblici del Senato, Massimo Mallegni. Quello che conta è smettere di rendere la vita impossibile alle imprese, costrette a vivere una sorta di beffa, come ha evidenziato il giurista e riformatore Sabino Cassese, facendo notare che uno dei documenti più rilevanti per affrontare la burocrazia è la Scia, la segnazione unica di inizio di un’attività, che poi si scopre subito non essere affatto unica visto che richiede il deposito di altre Scie subordinate.

La partita della burocrazia è però centrale per far crescere il Paese, e se sempre Cassese ne ha spiegato un effetto benefico nel garantire la tutela di interessi fondamentali (come la tutela ambientale, paesaggistica, ecc), a patto che non degeneri, il presidente Cna Daniele Vaccarino ha premuto sull’acceleratore di un taglio degli adempimenti, spiegando che il rapporto appena presentato avrà un seguito, allo scopo di aiutare il legislatore e gli amministratori pubblici a confrontare le loro performance. In attesa di una piena applicazione delle novità annunciate di recente dal ministro Giulia Bongiorno, i piccoli imprenditori sottolineano come l’eccesso di burocrazia sulle loro attività presta il fianco a comportamenti opachi che non di rado alimentano la corruzione.

DALL’ACCONCIATORE AL BAR – Nello specifico, l’indagine appena presentata grazie alla collaborazione di 52 Cna territoriali, in rappresentanza di altrettanti Comuni (quasi tutti capoluoghi di provincia) analizza gli obblighi previsti per aprire un’impresa, gli adempimenti relativi a salute e sicurezza, la pratica per esporre un’insegna, la ristrutturazione dei locali, l’assunzione di un apprendista. Tutte attività che scontano profonde differenze tra un Comune e l’altro, e che incidono in termini di tempi ma anche di denaro. Il risultato di questa pressione è il numero di adempimenti chiesti dalla Pubblica amministrazione: per chi voglia aprire un’attività di autoriparazione sono 86. Un calvario rispetto a quello che aspetta un’aspirante acconciatore, costretto “solo” a 65 procedure. E in questo arco poco invidiabile si posizionano gli altri. Così come si può arrivare a dover spendere quasi 20mila euro: una somma ingente che invece potrebbe essere adoperata più proficuamente per acquistare macchinari e attrezzature necessari all’attività.

LE RICETTE – Per dare maggiore concretezza al suo lavoro, la Cna non si è limitata alla ricognizione della situazione esistente, ma ha formulato una serie di soluzioni, a partire dall’istituzione di una cabina di regia sulla qualità della Pubblica amministrazione, la revisione dello stock legislativo, l’interoperabilità tra banche dati pubbliche, la piena operatività dell’agenzia per le imprese, la standardizzazione della modulistica, una maggiore trasparenza e accessibilità dei siti delle pubbliche amministrazioni.