La diaspora liberale si ricompatta

di Vittorio Pezzuto

Si chiama “I liberali”, è un’associazione politica presieduta da Edoardo Croci (già assessore alla Mobilità e all’Ambiente del Comune di Milano) e da questa mattina le sue proposte sono consultabili sulla Rete all’indirizzo www.i-liberali.it. Due dossier si candidano in particolare all’attenzione di quanti non hanno smesso di credere in uno Stato leggero e funzionale al benessere dei cittadini. Il primo è stato elaborato da Carlo Scognamiglio e propone uno studio analitico sulla radicale privatizzazione dei servizi pubblici in Italia (dalla Rai al servizio dell’anagrafe, passando al patrimonio immobiliare dello Stato). Il modello pratico di riferimento adottato dall’ex presidente del Senato è quello dei Paesi nordici (in particolare la Svezia, un tempo culla del welfare socialdemocratico) che negli ultimi tempi sono riusciti ad abbattere del 47-49% la spesa pubblica, migliorando al contempo la qualità dei servizi erogati. Il secondo dossier, curato questa volta da Giuliano Urbani, non è altro che è una rivisitazione del programma liberale sulla riforma costituzionale scritto nel lontano 1992. Il tentativo è quello di aggiornare la Carta con regole nuove che consentano di governare il Paese con efficienza, rapidità, evitando sovrapposizioni e sperperi.
A La Notizia il vicepresidente dell’associazione Maurizio Irti spiega che «questo sito ha l’ambizione di essere un faro aggregatore dei liberali, riunificando le loro tante piccole galassie sparse per il Paese. Non saremo solo un think-tank. Vorremmo essere riconosciuti come un movimento politico, sullo sfondo rimane l’ambizione di presentarsi alle elezioni». Lo conferma anche Renato Altissimo, tra i principali promotori dell’iniziativa: «C’è bisogno di una nostra presenza più attiva nelle sedi politiche. Mai come in questo momento il termine “liberale”, che negli anni Settanta era dispregiativo, viene utilizzato come un aggettivo apparentemente qualificante da una moltitudine di millantatori. E infatti negli ultimi vent’anni non abbiamo registrato una sola iniziativa o decisione degna di questo nome». Gli chiediamo se sia davvero convinto che possa esserci uno spazio in politica per una loro presenza organizzata. «Per quella disorganizzata, senz’altro» ci risponde ironico. «Magari non si trasformerà in un fiume travolgente, restando a malapena un rigagnolo. Però a un certo punto occorre avere comunque il coraggio di proporre iniziative in quello in cui che crediamo. Se non altro perché in questo modo spazzeremo via gli alibi di chi ci invoca ma che poi ogni volta se ne resta a guardare da lontano».