La Raggi come Spelacchio: rischia di “finire” prima del tempo. La sindaca ammette: un miracolo durare cinque anni. E intanto Di Battista si scalda

La Raggi come Spelacchio: spera di mangiare il panettone. La sindaca ammette: un miracolo se dura cinque anni. E intanto Di Battista si scalda

Spelacchio, l’albero costato 50mila euro alle casse comunali, è già morto. Si sperava potesse arrivare perlomeno a Natale e invece nulla. E forse, chissà, l’uscita di oggi di Virginia Raggi è stata in qualche modo scaramantica vista la fine che ha fatto il “suo” albero natalizio. Già, perché mentre buona parte di politici e giornali si sono soffermati sulla frase della sindaca secondo cui “in base alla regola dei due mandati”, non si ricandiderà, è in realtà un’altra la frase da tenere sott’occhio. A chi le sottolineava, infatti, che servono due mandati per completare l’opera di un sindaco, la Raggi ha risposto: “Intanto direi che arrivare viva alla fine di questo mandato sarà un grandissimo successo”. Come dire: mi reputo fortunata se riuscirò a terminare i cinque anni di amministrazione. Che, detta da chi non è nemmeno a metà del percorso, fa riflettere e non poco. Specie se si tiene conto (e diciamocelo: impossibile non farlo) delle vicende giudiziarie che toccano la sindaca e che, salvo improbabili colpi di scena, cadranno sulla testa della sindaca nel 2018.

Il prossimo appuntamento – Ma facciamo un passo indietro. Il casus belli è scoppiato con la polemica derivante dalla decisione di Fabio Fucci, sindaco M5S di Pomezia, entrato in rotta con il Movimento proprio perché vuole ricandidarsi. Sarebbe, il suo, il terzo mandato: una scelta non consentita dal regolamento M5S tanto che Luigi Di Maio, intervenuto a tal proposito, ha parlato dell’esigenza che Fucci si autosospenda dal Movimento. Ed ecco, allora, la dichiarazione della Raggi: “La regola è chiara e ce la siamo data”. Insomma, due mandati e poi a casa. Fin qui, nulla quaestio. Il punto, però, è un altro. Ed è nell’altra dichiarazione ricordata.

È questione di giorni, infatti, prima di sapere se la Raggi verrà rinviata a giudizio: l’udienza si svolgerà il 9 gennaio. Quel giorno la sindaca, insieme a Raffaele Marra, comparirà davanti al giudice di Roma che dovrà pronunciarsi sulla richiesta di rinvio a giudizio sollecitata dalla Procura di Roma per la nomina di Renato Marra a responsabile Turismo del Campidoglio. La sindaca di Roma deve difendersi dall’accusa di falso, com’è risaputo. Nel caso in cui i giudici decidano per il rinvio a giudizio, l’ipotesi di un’eventuale condanna dovrà essere presa in seria considerazione. E, per quanto stabilito da Beppe Grillo e sodali, con una condanna sul groppone la sindaca dovrà dimettersi. Ed ecco allora che la dichiarazione di ieri della Raggi trova un senso, una sua logica, finora sempre negata o sottaciuta dal Movimento e dalla sindaca in primis. Resta, però, da capire cosa potrebbe capitare allora. Il nome caldo resta quello di Alessandro Di Battista, per ora fermo ai box per non “bruciarsi” una seconda candidatura. Tutto diventerà più chiaro nei prossimi mesi. Mesi caldi, di campagna elettorale. E che potrebbero essere molto pesanti per il Movimento se dovesse arrivare il rinvio a giudizio per la sindaca di Roma. Per ora la tattica è l’attesa. Il cunctator, il nuovo temporeggiatore, dopo il più noto Quinto Fabio Massimo, si chiama Di Battista.