L’aumento dell’Iva si avvicina. Saccomanni si gioca tutto

di Vittorio Pezzuto

Cherchez l’argent, à tout prix. Sono ore febbrili nello storico palazzo delle Finanze in via XX Settembre, dove i tecnici del Ministero del Tesoro sono chiamati a dare una risposta praticabile e convincente all’esigenza di trovare le risorse necessarie per scongiurare l’aumento di un punto dell’Iva (dal 21 al 22%) a partire dal prossimo 1 ottobre. Li attende un compito al limite del possibile, non foss’altro perché la fantasia non è mai stata granché di casa nelle stanze del potere: gli scatti d’ingegno sono merce rara per chi da anni risolve ogni questione ricorrendo all’arma dei tagli lineari.

Una cifra modesta
Vaso di coccio tra i vasi di ferro del Pdl e del Pd, il ministro Fabrizio Saccomanni sa bene che la politica non gli perdonerebbe un fallimento: ne va della stessa tenuta del governo delle larghe intese. È quindi caccia grossa, tra le pieghe del bilancio, a quell’1,6 miliardo di euro che scongiuri lo sforamento della soglia del 3 per cento al rapporto deficit-Pil. Si tratta a dire il vero di una cifra tutto sommato modesta, se si pensa che corrisponde ad appena lo 0,1 del prodotto interno lordo. Peccato che la si possa ritagliare solo attraverso tagli di spesa che andrebbero a scontentare gli stessi partiti che in queste ore erigono pubbliche barricate contro l’aumento dell’Iva, intestandosi una battaglia che fino a pochi giorni or sono era appannaggio del solo Pdl. Ancora scottato dal successo sull’Imu strappato dal suo alleato-avversario Berlusconi, anche il segretario del Pd Guglielmo Epifani ha infatti recentemente ammonito il governo a non procedere con una misura che andrebbe a deprimere ulteriormente i consumi, trasformandosi in un’odiosa e supplementare tassa erga omnes, a tutto danno dei ceti meno abbienti. Saccomanni è quindi solo, incalzato ogni giorno sia dalla petulanza del capogruppo Pdl Renato Brunetta (che gli chiede trasparenza nei conti pubblici) sia dal disfattismo del suo viceministro Stefano Fassina (che non perde occasione di ‘maledire’ l’abolizione dell’Imu e dare per scontato l’aumento dell’Iva).

Il facile rigore dei grillini
Come se non bastasse, a chiedergli rigore e fantasia sono anche i deputati pentastellati. Accantonata per un attimo la bandiera elettoralistica del reddito di cittadinanza, i seguaci di Beppe Grillo hanno buon gioco a impalcarsi anch’essi a maestri di rigore nel contenimento della spesa pubblica. «Ma vi rendete conto della manfrina elettorale a cui siamo soggetti quotidianamente?» scriveva ieri su Facebook il deputato Manlio Di Stefano. «Dopo 20 anni di riti baccanali con sprechi e distruzione del tessuto economico e micro-imprenditoriale italiano i prostituti di partito tentano di rifarsi la verginità sull’aumento dell’Iva. Pare che chi non la farà aumentare vincerà le prossime elezioni e chi se ne frega se è la solita sceneggiata teatrale e quell’1% verrà estorto agli italiani sotto altro nome come per la Service Tax. La risposta è semplice, cari i miei politicanti da trucco e parrucco: l’Iva non deve essere aumentata, punto».
Sarà pure, ma intanto vanno trovati alla svelta altri 400 milioni per rifinanziare le missioni all’estero mentre persiste l’incertezza sulla copertura del mancato introito della seconda rata Imu (servono 2,4 miliardi). «Possiamo pensare di riaprire la seconda rata dell’Imu perché i soldi non ci sono» osservava ieri il piddino Matteo Colaninno. Un’eventualità che il Pdl non vuole nemmeno prendere in considerazione poiché resterebbe privo di uno scalpo prezioso per la campagna elettorale. Sarà però difficile ignorare le perplessità che la Corte dei Conti ha manifestato ieri nel corso di un’audizione nelle commissioni Bilancio e Finanze della Camera sull’effettiva consistenza delle coperture del decreto legge Imu. Sarebbero infatti più virtuali che reali i 600 milioni previsti dal contenzioso della stessa magistratura contabile con le società che gestiscono slot machine. Venerdì sapremo se i tecnici avranno confezionato una manovrina commestibile per il Consiglio dei Ministri. Non è sicuro che ci riescano: c’è una gran fame di pubblici quattrini ma quanto a ricette sul come trovarli i partiti al governo oppongono palati schizzinosi e molto esigenti.