Le mani della mafia sul Lazio. Nel mirino ci sono i 5 Stelle. Sfilza di arresti nel clan catanese dei Fragalà. Pressing per infiltrarsi nel Comune di Pomezia

Abbandonata da anni Catania e messe radici sul litorale laziale, la famiglia Fragalà avrebbe messo su una potente e spietata associazione per delinquere di stampo mafioso. Un clan che avrebbe terrorizzato per anni cittadini e imprenditori soprattutto di Ardea e Pomezia, vantando anche salde relazioni con le principali organizzazioni criminali italiane. Dall’inchiesta della Dda di Roma, che ieri ha fatto scattare un blitz e finire in carcere 34 indagati, emerge però anche di più.

I Fragalà avrebbero infatti cercato anche di inquinare la pubblica amministrazione e di piazzare dei loro uomini in Comune a Pomezia, appoggiandosi a un pezzo del locale Partito democratico. Un’operazione fallita però lo scorso anno quando i pometini hanno confermato la loro fiducia nel Movimento 5 Stelle ed eletto al ballottaggio il sindaco pentastellato Adriano Zuccalà (nella foto).

L’INCHIESTA. In cinque anni di indagini, sfruttando anche le dichiarazione di un esponente del clan che ha poi deciso di collaborare con la giustizia, i carabinieri hanno messo a fuoco un traffico di cocaina, marijuana e hashish, con carichi provenienti dalla Spagna e dalla Colombia, e una lunga serie di feroci estorsioni ai danni di imprenditori e commercianti. Attività gestite dal clan, legatissimo ai Santapaola e ai Capello di Catania, ai Casalesi e ai Fasciani di Ostia. Un’associazione mafiosa che avrebbe fatto ricorso anche ai tipici riti di affiliazione delle mafie, con tanto di giuramento fatto col sangue, un fazzoletto di seta annodato e l’immagine di San Michele Arcangelo.

“Io quando mi sento tradito da qualcuno che potrebbe essere anche mio padre o mio figlio, gli sparo”, ha detto il presunto boss, Alessandro Fragalà in una conversazione intercettata nel 2015 dai carabinieri. I Fragalà a un tratto non si sarebbero però più accontentati del solo controllo militare del territorio e avrebbero cercato di stringere i loro tentacoli sul Comune di Pomezia, un’amministrazione che rappresenta una bandiera per il Movimento5Stelle, la prima a guida pentastellata nel Lazio e anche quella dove il M5S ha ottenuto la riconferma.

LA POLITICA. Lo stesso gip Corrado Cappiello, esaminando la posizione della figlia del presunto boss, Astrid Fragalà, specifica che sarebbe stata una “figura di collegamento con esponenti delle associazioni di categoria e degli enti pubblici locali, portando avanti il proposito di infiltrazione del clan nel Comune di Pomezia in vista delle elezioni amministrative del 2018”. Una giovane rampolla che, stando sempre alle indagini della Dda, sarebbe stata sotto l’ala protettrice di un consigliere comunale del Pd, con cui il clan avrebbe avuto da tempo contatti cercando di infiltrarsi nella pubblica amministrazione. E pensare che subito dopo la notizia degli arresti il segretario dem Nicola Zingaretti si è affrettato a complimentarsi con l’Antimafia, specificando che la Regione è impegnata “a promuovere atti concreti per combattere le mafie”.