Le vie del finanziamento ai partiti sono infinite. Piovono soldi tra rimborsi per gli spot e fondi per i dipendenti

Da quando il finanziamento ai partiti è stato tagliato, ci si è dovuti ingegnare in altro modo per fare cassa. Ecco i dati OpenPolis tra fondi e sconti.

Chi l’ha detto che i partiti facciano cassa solo con i classici finanziamenti ai gruppi parlamentari o col due per mille. Soprattutto da quando è stato livellato il finanziamento ai partiti (spacciato come rimborso elettorale), ci si è dovuti ingegnare per cercare di raggranellare, tra benefit e sconti vari, quanto più denaro possibile.

Ancora una volta, i conti in tasca alle formazioni politiche li ha fatti OpenPolis. Quello che emerge è davvero curioso. Già, perché lo Stato fornisce alle formazioni politiche anche diverse agevolazioni indirette. Tra cui i rimborsi per gli spot elettorali e i fondi per integrare gli stipendi dei dipendenti in cassa integrazione. Solo per questi ultimi si parla di 15 milioni di euro per il 2014, 8,5 per il 2015 e 11,25 per quest’anno.

Basta così? Certo che no. Tra i canali di finanziamento che restano alla politica se ne possono individuare altri due, di natura molto diversa tra loro.

Il primo è un rimborso che lo stato corrisponde a tv e radio locali per trasmettere i cosiddetti “messaggi autogestiti a titolo gratuito“. Si tratta degli spot che i candidati e i partiti hanno a disposizione senza dover pagare nulla alle emittenti. Una misura che intende tutelare la parità di accesso ai mezzi di informazione da parte di tutte le forze politiche, ma che ha un costo per lo stato. Sono le casse pubbliche, infatti, a rimborsare radio e tv per il servizio che offrono ai politici in campagna elettorale.

Si tratta quindi di soldi che non vengono destinati direttamente ai partiti ma alle emittenti, alleggerendo però le forze politiche di un costo non indifferente in campagna elettorale. Nel 2014 il rimborso era fissato a 10,34 euro per i messaggi radiofonici, e a 27,95 euro per quelli televisivi. In totale oltre 1,4 milioni di euro, di cui 982mila per le tv e 491mila per le radio. Non male.

partiti

E arriviamo, ora, al secondo canale di finanziamento. Un altro sussidio per le forze politiche è stato previsto dalla legge n. 13 del 2014 che ha abolito i rimborsi elettorali. Se infatti qualcosa è uscito dalla porta, altro è rientrato dalla finestra. Sono state infatti anche previste alcune misure per alleviare la difficile situazione finanziaria dei partiti. Uno dei punti più dolenti è quello del personale, con la necessità delle forze politiche di ridimensionare i propri apparati, attraverso cassa integrazione, contratti di solidarietà e anche licenziamenti.

Misure con un costo sociale, che lo stato ha deciso di sostenere stanziando dei fondi a disposizione per i partiti per l’integrazione salariale dei dipendenti. 15 milioni di euro nel 2014, 8,5 nel 2015, e 11,25 milioni di euro da quest’anno.

L’IVA AL 4% – Ma attenzione. Perché il bello deve ancora arrivare. Dal 1993, infatti, l’iva ordinaria è cresciuta di 3 punti, dal 19 al 22%. Ma quest’aumento non riguarda le formazioni politiche: le loro spese in campagna elettorale sono tassate solo al 4%. Un regime speciale mai messo in discussione, e anzi progressivamente esteso negli anni.

Per diversi tipi di spese fatte in campagna elettorale, i partiti e i candidati godono dell’iva al 4%, lo stesso regime valido per i beni di prima necessità, come pane e pasta. Questa agevolazione ha comunque un limite temporale: vale solo per gli acquisti effettuati nei 90 giorni antecedenti al voto per le elezioni politiche, per il parlamento Ue, per le regionali e per gli enti locali. Inoltre, solo le spese attinenti alla campagna elettorale possono godere dell’agevolazione, che non vale per gli acquisti legati all’attività ordinaria del partito.

Si tratta comunque di un supporto importante per la politica, specie sa confrontato con l’iva ordinaria pagata dagli altri contribuenti. Anche perché, come detto, nel tempo è stata ampliata. Non a caso, dal 2004 vengono tassate al 4% anche le spese per la propaganda, come l’acquisto di spazi di affissione, i messaggi elettorali su tv, radio e giornali, nonché per l’affitto dei locali e per tutti i servizi e gli allestimenti necessari all’organizzazione delle manifestazioni, come comizi e convention. Dal 2012 è stata estesa anche all’acquisto di spazi pubblicitari sul web.

E allora andiamo a fare i conti in tasca anche qui. In soldoni, quanto vale l’iva agevolata al 4%? Non è immediato dare una stima complessiva. Ma prendiamo in esame le spese per le politiche 2013, rendicontate dai partiti e certificate ufficialmente dalla corte dei conti. Quella campagna elettorale è costata oltre 45 milioni di euro al lordo dell’iva. Assumendo che tutte le forze politiche avessero diritto all’agevolazione, e che l’abbiano richiesta, hanno pagato circa 1,7 milioni di euro di imposta sul valore aggiunto. Se quelle stesse spese fossero state tassate al 21% (l’aliquota iva ordinaria a inizio 2013), l’esborso per i partiti sarebbe stato molto superiore: oltre 9 milioni di euro.

La differenza tra questi due importi, 7,4 milioni di euro, rappresenta la stima del risparmio di cui hanno beneficiato i partiti in quell’occasione. Ma anche un costo per le casse dello stato, che finanziano il peso di questo vantaggio.