L’hanno lasciato morire di fame. Condannate tutti gli imputati

di Nicoletta Appignani

“Una pena assolutamente sproporzionata rispetto alle responsabilità. In un processo che, come ho sostenuto dall’inizio, si rivela sempre più ipocrita”.
A parlare è Ilaria, la sorella di Stefano Cucchi, il ragazzo di 31 anni arrestato il 15 ottobre 2009 per possesso di sostanze stupefacenti e morto una settimana dopo nel reparto protetto dell’ospedale Sandro Pertini di Roma.

Le richieste dei pm
Un commento amaro, quello di Ilaria Cucchi, subito dopo la requisitoria dell’accusa di fronte alla III Corte d’Assise di Roma, durante la quale i pm Francesca Loy e Vincenzo Barba hanno chiesto la condanna di tutti gli imputati, dodici tra infermieri, medici e agenti penitenziari.
Diverse le posizioni processuali. La pena più alta, 6 anni e 8 mesi di reclusione, è stata sollecitata per Aldo Fierro, responsabile del reparto di medicina protetta dell’ospedale Pertini. Per le dottoresse Stefania Corbi e Flaminia Bruno richiesta invece una condanna di 6 anni, mentre per Per Luigi Preite de Marchis e Silvia Di Carlo 5 anni e 6 mesi.
Per gli infermieri Giuseppe Flauto, Elvira Martelli e Domenico Pepe è stata sollecitata la pena di 4 anni. Tutti i sanitari sono accusati a diverso titolo di abbandono di persona incapace. Inoltre, tutto il personale medico e infermieristico deve rispondere anche di favoreggiamento e omissione di referto. A carico di Rosita Caponetti è ipotizzato invece il reato di falso e abuso d’ufficio. Per lei sono stati chiesti due anni di reclusione. Infine le guardie Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Domenici sono imputati di lesioni personali aggravate.

Le tesi dell’accusa
“Stefano Cucchi e’ stato picchiato nelle celle del tribunale di piazzale Clodio in attesa del processo di convalida perchè pretendeva cure per la sua crisi d’astinenza in cui probabilmente si trovava. Comunque quelle lesioni non ne causarono la morte”. Queste le parole del pm Vincenzo Barba a cui si aggiungono quelle dell’altro pubblico ministero, Maria Francesca Loy: “Le lesioni che aveva Stefano non sono neanche una concausa della sua morte ma hanno valenza occasionale. Cucchi è morto perché non è stato alimentato, non è stato curato, rifiutava di cibarsi e nessuno dei medici si è preoccupato di farlo nutrire”.
Il pubblico ministero Loy ha infine dichiarato che Cucchi “è morto di fame e di sete”. Una “magrezza patologica” che è stata paragonata a quella “dei prigionieri di Auschwitz”.

L’indignazione della famiglia
Per il resto, “Cucchi era lungi dall’essere un giovane sano e sportivo. Era un tossicodipendente con le conseguenze sul suo stato fisico e sugli organi vitali che tutti possiamo immaginare. Soffriva di crisi epilettiche e sono stati documentati 17 accessi al pronto soccorso negli ultimi dieci anni. Non è normale che una persona vada al pronto soccorso due volte l’anno da quando aveva 18 anni. I periti definiscono le sue condizioni di grave deperimento organico. Durante la degenza al Pertini ha perso dieci chili”.
Una tesi, questa insieme ad altre dell’accusa, che provoca lo sdegno della famiglia. “Hanno detto che mio fratello si drogava da 20 anni – attacca ancora la sorella Ilaria – quindi secondo loro avrebbe iniziato quando ne aveva 10?! Sono dichiarazioni inaccettabili e offensive. Più li ascolto, più mi chiedo chi siano gli imputati. Se il personale medico, la nostra famiglia o lo stesso Stefano”.
Non solo. Sotto accusa anche le allusioni del pm Barba al fatto che la famiglia Cucchi non avrebbe riferito ai carabinieri, durante una perquisizione nella loro abitazione, dell’esistenza di un altro appartamento a Morena nelle disponibilità del ragazzo per nascondere la droga. Tutto al contrario: “I miei genitori l’hanno trovata e denunciata immediatamente” spiega Ilaria.
Posizioni diametralmente opposte, quelle della Procura e della famiglia. Che però conserva la fiducia nella magistratura. E ripone tutte le sue speranze nella sentenza, attesa per il 22 maggio.