Marò, lite tra Bonino e Terzi. E il ministro censura il web. “Innocenza non accertata”. E scoppia il caos Cancellati i post, oscurata la pagina twitter

di Angelo Perfetti

Non bisogna arrivare fino in India per saperlo. Nel nostro ordinamento esiste la cosiddetta presunzione d’innocenza, cioè il principio del diritto penale secondo il quale un imputato è considerato non colpevole sino a condanna. L’onere della prova spetta esclusivamente all’accusa. Piccole nozioni basilari del diritto, che nel caso dei marò dovrebbero essere amplificate dal fatto che i nostri fucilieri dall’inizio si sono dichiarati innocenti e che, particolare non secondario, sono nostri soldati, dunque meritevoli di ogni tutela e fiducia da parte dello Stato. E invece il ministro degli Esteri Bonino su twitter, per mano del suo staff, si è lasciata andare a un’improvvida dichiarazione: ‘’Non è accertata la colpevolezza, e non è accertata l’innocenza. I processi servono a questo’’. Che ha innescato immediatamente una serie di durissimi commenti, tra i quali spicca quello dell’ex ministro Giulio Terzi. “Credo nella loro innocenza perché l’hanno affermata sin dall’inizio. Perché le nostre istituzioni pongono ora dubbi legittimando il processo in India?” ha scritto l’ex ministro. Terzi è poi tornato più volte sull’argomento, con altri tweet. “Il processo in India è illegittimo perché l’incidente è avvenuto fuori dalla giurisdizione indiana. Ovvio che occorre il processo, ma in Italia”, ha detto.

La sovranità dimenticata
Diciamoci la verità: la questione è tutta qui. L’Italia ha dall’inizio abdicato alla propria sovranità, mandando la Enrica Lexie in porto, facendo salire i militari indiani, lasciando che i due marò italiani Latorre e Girone’’, trattenuti in India da circa 600 giorni con l’accusa di aver ucciso 2 pescatori del posto, scambiandoli per pirati, in una missione al largo di Kerala, fossero arrestati. E ora, dopo una sequela di inutili dichiarazioni ottimistiche, sta permettendo che si arrivi a una condanna (perché questa è la strada intrapresa dal tribunale indiano) per poi negoziare un rientro in patria (con disonore) dei nostri militari.

La democrazia negata
Dopo aver salutato positivamente l’iniziativa del confronto aperto sui socila network quale esempio di democrazia – spiega il generale Fernando Termentini, Ufficiale Generale della Riserva dell’Esercito Italiano, consulente ed esperto di scenari internazionali – la delusione. Pressoché tutti gli interventi dei cittadini sono stati rigettati con prese di posizione permeate da sofismi inconcludenti e da giudizi di “off topic” attribuiti a coloro che si proponevano nella pagina del Ministro. Una gestione assolutamente poco comprensibili nel momento che il Ministro Bonino si era presentata con le parole “Sono contenta di avere questa opportunità di confronto con voi”. Una dichiarazione di intenti sconfessata quindi dai fatti e non solo dalle parole in quanto gli oltre 50 commenti sono spariti dal Web, cancellati con un’azione di censura improponibile in un Paese democratico (o forse – afferma caustico Termentini – non li trovo più io a causa delle mie scarse conoscenze informatiche).

Il futuro dei marò
Nel merito della questione il generale Termentini è molto pessimista: “In tutta onestà, mi sarei aspettato ben altro da questo Governo ed in particolare dal Ministro Bonino da sempre paladina dei diritti umani e che invece per la vicenda dei due Marò non sembra essere coinvolta più di tanto. Non si conoscono, infatti, prese di posizione del Ministro. Solo sporadiche frasi di circostanza, spesso retoriche come quando si esprime sull’equità e la rapidità del processo. Esercizi linguistici parlare di rapidità dopo che sono trascorsi 19 mesi dagli eventi e 6 mesi dall’insediamento del Governo. Offese ai diritti dell’uomo ed alla Giustizia garantendo equità in un processo penale. Per indorare la pillola si continua a recitare il mantra del processo equo e rapido. Ma quale rapido? Sono passati oltre sei mesi. Processo giusto? Ci man cherebbe, il processo è giusto per antonomasia, a meno di non voler pensare a regimi totalitari con udienze farsa e condanne preconfezionate. Giocare con le parole non servirà a restiturici i nostri soldati. Tantomeno l’onore”.