Mauro: le missioni sono investimenti. Ma quali?

di Angelo Perfetti

Non c’è nulla al mondo che vale la vita di un uomo, ma vale la pena essere ‘’in Afghanistan’’ e nelle altre numerose missioni di pace alle quali partecipa l’Italia per affermare democrazia e libertà. Parola del ministro della Difesa, Mario Mauro, intervenuto con parole di miele a un convegno nell’ambito del Meeting di Cl a Rimini dedicato alle missioni di pace alle quali partecipano le forze armate italiane. Mauro non solo difende la presenza italiani nei contingenti di pace in numerose aree di crisi nel mondo ma sottolinea come rappresentino la pre-condizione per garantire un futuro migliore a zone martoriate da guerre. ‘’La pace costa – ha sottolineato – la democrazia e la libertà costano’’.
‘’Siamo da 10 anni in Afghanistan, da 20 anni in Bosnia, da 15 in Kosovo e da 34 in Libano’’ ricorda il responsabile della difesa che in particolare sull’Afghanistan snocciola alcuni numeri che danno il senso dell’importanza della missione di pace. ‘’Al tempo dei talebani c’erano 800 mila studenti e solo maschi – ricorda Mauro – oggi gli studenti in Afghanistan sono 7 milioni e il 35% sono femmine. Sono stati costruiti ospedali, strade, infrastrutture’’.
Una lettura della realtà tutta buonista, con i colori arcobaleno di pace e libertà che sventolano sulle decisioni della politica rispetto al sacrificio dei nostri soldati all’estero. “In Afghanistan – dice Mauro – andiamo armati. Non e’ per esibire i muscoli ma per garantire la sicurezza’’. L’Italia partecipa a 36 missioni di pace internazionali in 23 paesi. E già che c’è Mauro assesta un altro colpo a favore della “sua” battaglia, quella sugli F-35: “A supporto delle missioni servono aerei. Vanno in pensione 254 aerei della Forza dell’aviazione italiana. Ne sostituiamo 254 con 90. Non penso che sia un segno rilevante di esibizione muscolare”. Poi la chiosa: “Le missioni all’estero non sono spese ma investimenti”. Già, gli investimenti. Il pensiero buonista corre al concetto di democrazia. Ma il dietrofront fatto sui nostri marò una volta approdati in Italia adombrava sì investimenti, ma quelli più prosaici che si contano in euro se non in dollari. La maxi-fornitura di 12 elicotteri Augusta, ad esempio. Ma anche le macchine agricole italiane presentate a Ludhiana alla grande fiera agricola “Kisan Mela”. Oggi come oggi sono circa 400 le società italiane che operano in India, con un interscambio commerciale che, nel 2011 (secondo gli ultimi dati Istat disponibili), aumentato del 18,2% sul 2010 attestandosi a 8,5 miliardi di euro. Il 2012 invece è andato peggio alle esportazioni italiane verso il gigante asiatico che si sono ridotte del 10,3% (dati Assocamerestero di febbraio 2013). Siamo sicuri che parlando di investimenti nei teatri di guerra i governi pensino realmente alla pace?!