Motivazioni sentenza Cucchi, a causare la morte di Stefano fu un evento traumatico. Infondata la tesi dell’attacco epilettico. I carabinieri condannati per il pestaggio violarono il dovere di tutelare la sua incolumità

“Stefano Cucchi, vivendo sino alla sera del 15 ottobre del 2009, in una condizione di sostanziale benessere, se non avesse subito un evento traumatico”. E’ quanto scrivono i giudici della corte d’Assise di Roma nelle motivazioni della sentenza con cui il 12 novembre scorso hanno condannato, per il pestaggio avvenuto in caserma, due carabinieri a 12 anni di carcere, Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, accusati omicidio preterintezione, e il maresciallo Roberto Mandolini e Francesco Tedesco, entrambi per falso. Per evento traumatico la Corte indica un'”azione lesiva inferta da taluno”, che ha generato “molteplici e gravi lesioni, con l’instaurarsi di accertate patologie che hanno portato al suo ricovero e da li’ a quel progressivo aggravarsi delle sue condizioni che lo hanno condotto alla morte”.

“Una catena causale – si legge ancora nelle motivazioni della sentenza– che parte, dunque, da un’azione palesemente dolosa illecita che ha costituito la causa prima di un’evoluzione patologica alla fine letale”. Per i giudici si tratta di “uno schema che, così, corrisponde perfettamente alla previsione normativa in tema di nesso di casualità tra condotta illecita ed evento e che, d’altra parte, rende chiara la differenza tra la mera causalità biologica, secondo la quale nessuna delle singole lesioni subite da Cucchi sarebbe stata idonea a cagionare la morte, e la causalità giuridico penale, nel rispetto della quale il nesso di causalità sussiste se quelle lesioni, conseguenza di condotta delittuosa, siano state tali da innescare una serie di eventi terminati con la morte, così come si è verificato nel caso in esame”.

La morte di Cucchi, si legge in un passaggio delle motivazioni dedicato alle perizie medico legali, fu “originata dalla lesione in S4 tale da determinare un’aritmia letale”. Rilevata invece l'”inconsistenza della tesi della morte per Sudep (epilessia, ndr), mera ipotesi non suffragata, anzi smentita, da alcuna evidenza clinica”. La causa della morte, dunque, è stata “una concatenazione polifattoriale in cui essenziale, se non unico, è risultato un riflesso vagale connesso alla vescica neurogenica originata dalla lesione in S4 tale da determinare un’aritmia letale”.

“E’ indiscutibile – scrivono i giudici – che la reazione tenuta da Raffaele D’Alessandro e Alessio Di Bernardo sia stata illecita e ingiustificabile. Una azione violenta nel corso dello svolgimento del servizio d’istituto, per un verso facendo un uso distorto dei poteri di coercizione inerenti il loro servizio, per altro aspetto violando il dovere di tutelare l’incolumità fisica della persona sottoposta al loro controllo”. Il fatto si svolse “in un locale della caserma ove nessuno estraneo poteva avvedersi di quanto stava accadendo, in piena notte ai danni di una persona decisamente minuta e di compressioni fisica molto meno prestante rispetto a quella dei due militari”.