No al referendum ed elezione di un’assemblea costituente. Alemanno vuole unire così il Centrodestra

L’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ora leader di Azione nazionale, spiega a La Notizia la sua visione delle riforme e delle alleanze per il futuro

Un “no” perentorio al referendum sulle riforme. Portando alle dimissioni Matteo Renzi per favorire la nascita di un Governo tecnico e arrivare alle elezioni nel prossimo maggio. Ma anche la ferma volontà di unire il Centrodestra con una proposta: la formazione di un’assemblea costituente per riscrivere la Costituzione entro un massimo di due anni. L’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ora leader di Azione nazionale, spiega in questa intervista a La Notizia la sua visione delle riforme e delle alleanze per il futuro. Ma non manca una stoccata alla decisione della giunta Raggi sull’Olimpiade del 2024: “Il no è una scelta infame, perché priva la città di una grande occasione di creare posti di lavoro”.

Quali sono i punti che proprio non le piacciono e che la spingono a fare campagna per il “no”?
Non mi convince  il cuore della riforma. La sostituzione del Senato con un’assemblea eletta dai consigli regionali e dagli enti locali. È un colpo durissimo all’autorità dello Stato: il Senato sarebbe un ibrido, né Stato né enti locali. Avremmo una realtà in cui un ramo del Parlamento viene consegnato alla peggiore partitocrazia, cancellando in pratica la sovranità popolare.

Quindi preferirebbe conservare lo status quo,  compreso il bicameralismo perfetto?
Noi lanciamo una proposta semplice, ma chiara: abolire il Senato e sostituirlo con un’assemblea costituente, eletta dal popolo con un mandato della durata di due anni, che abbia il compito di riscrivere la seconda parte della Costituzione, quella riguardante l’ordinamento della Repubblica. In questo modo potremmo ottenere il superamento del bicameralismo perfetto, ma facendo un testo organico di riforma.

Intorno a questa iniziativa pensa che possa formarsi una nuova unità del Centrodestra?
La battaglia referendaria è un banco di prova per ricostituire l’unità del Centrodestra, in chiave alternativa a Renzi. Hanno ragione Salvini, Meloni e una parte di Forza Italia, quando sostengono che è il momento di compiere una scelta di campo. Anche per questo lanciamo la proposta sulla Costituzione, sperando che possa diventare patrimonio dall’intero Centrodestra. Perché il nostro progetto apre una prospettiva di cambiamento seria, che rende decisiva la sovranità popolare al contrario di quanto prevede il testo della Boschi.

In questo contesto pensate anche a un sistema elettorale diverso dall’Italicum…
Noi siamo contrari al Parlamento dei nominati, vogliamo le preferenze e non i capilista bloccati. Bisogna introdurre di nuovo il meccanismo del premio alle coalizioni e il ballottaggio deve funzionare in maniera più trasparente.

Tornando alla questione-referendum. Nelle ultime settimane il dibattito sulle eventuali dimissioni di Renzi è diventato schizofrenico. Cosa deve fare il presidente del Consiglio in caso di vittoria del no?
Non c’è dubbio: deve dimettersi immediatamente. Poi bisogna fare un governo tecnico, che prepari le elezioni. Intanto, fino a maggio ci sarebbero i tempi necessari per approvare una legge costituzionale per eleggere la Camera e l’assemblea costituente. Così avremmo due Camere scelte dal popolo e non nominate dai partiti.

Per chiudere, una domanda che va al di fuori del perimetro referendario: c’è stato il no della Raggi all’Olimpiade a Roma. Cosa pensa?
È stata una scelta infame: priva la città di una grande opportunità e soprattutto toglie ai giovani un’occasione di lavoro. A Roma manca il lavoro e si butta nel cestino, per paura e per ideologia, la possibilità di creare occupazione. La mia amministrazione è stata già bloccata per Roma 2020 da Monti, dopo un’ora e mezza di anticamera. Adesso è stata Virginia Raggi a fermare il progetto, dopo aver costretto Malagò  e Pancalli a un’attesa di oltre mezz’ora. È autolesionismo puro.