Norme contorte e decreti assenti. Il Biotestamento rischia di morire. Da Nord a Sud emergono dubbi interpretativi sul provvedimento

Il dem Faraone si scaglia contro le regole sul fine vita. Ma fino a pochi mesi fa era lui sottosegretario alla Salute

Tutto fermo. E quel che è in movimento, risulta essere un gran caos. Era fine dicembre quando il Governo, allora retto da Paolo Gentiloni, riuscì ad approvare la legge sul Biotestamento. Una battaglia di civiltà, non a caso condivisa non solo dal Pd allora in maggioranza, ma anche dai Cinque stelle, allora all’opposizione. Dopo pochi mesi, come sappiamo, il quadro politico si è ribaltato: chi era all’opposizione ora governa, e viceversa. Ma intanto quella stessa legge simbolo di un importante passo in avanti sulla strada dei diritti civili risulta essere un gran pasticcio. A dirlo è un’interrogazione presentata dal Pd, a prima firma Davide Faraone. Nell’atto si sottolinea, ad esempio, che le disposizioni anticipate di trattamento presentate “non sarebbero affatto numerose”: 958 a Milano, 125 a Torino, 73 a Trieste, 22 a Napoli, 9 a Palermo, 2 a Catanzaro, 59 e, infine, nessun dato censito per Roma. Il problema, secondo quanto dice ancora Faraone, è che “si procede con moduli che cambiano a seconda del Comune e della Regione. In particolare, oltre a una lentezza burocratica, emergerebbe un’interpretazione del dettato normativo lasciata agli uffici dello stato civile, con la conseguenza di regole diverse”.

LA RISPOSTA – Insomma, un caos clamoroso su cui solo pochi giorni fa a pronunciarsi è stato il Governo, per bocca del sottosegretario alla Salute, Armando Bartolazzi. Nella lunga e articolata risposta, l’esponente dell’Esecutivo riconosce come siano insorti “numerosi dubbi in merito alla concreta applicazione della nuova disciplina, soprattutto con riferimento alle nuove attività poste in carico agli uffici di stato civile”. Quel che emerge, dunque, è che la legge approvata dal passato Governo abbia dimenticato di chiarire dettagli tecnici e modalità, tanto che la stessa ministra Giulia Grillo ha chiamato in causa il Consiglio di Stato per risolvere alcuni dubbi interpretativi. Un aiuto, probabilmente, sarebbe arrivato dall’istituzione della banca dati nazionale per monitorare le Disposizioni Anticipate di Trattamento. Peccato che il decreto attuativo, da emanarsi entro 180 giorni dall’approvazione della legge, ancora latita.

IL PARADOSSO – Ma è qui che arriva il bello. Nella replica affidata a Faraone, il senatore del Partito democratico si dice “particolarmente preoccupato dopo la risposta del sottosegretario”. Insomma Faraone critica l’immobilismo dell’attuale Governo. Legittimo, per carità. Ma è quantomeno curioso, se si pensa che fino a poco tempo fa a lavorare negli uffici ministeriali in qualità di sottosegretario c’era proprio il senatore dem. Il che non è secondario: l’ambiguità di alcune norme interne al provvedimento sono imputabili più al passato Esecutivo che a quello attuale. Esattamente come per la banca dati ferma a causa di un decreto attuativo che manca. Le date parlano per tutti: la legge sul Biotestamento è stata approvata il 22 dicembre. Il Governo Gentiloni avrebbe avuto due mesi abbondanti per rendere operativa la banca dati. La fase di stallo parlamentare in seguito alle elezioni del 4 marzo, poi, ha fatto il resto. Paradossale la chiusa della risposta di Faraone, che invita il ministero della Salute a vigilare e a “non limitarsi a fare il compitino del decreto”, ma a sincerarsi che la legge venga applicata. Ecco: sarebbe bastato che il precedente Governo avesse fatto il “compitino”. E invece neanche quello. Meglio criticare. C’est plus facile.