Ora Conte dovrà decidere cosa fare da grande. Due volte premier grazie ai Cinque Stelle, è spinto a iscriversi al Movimento

Giuseppe Conte è una figura del tutto particolare nel pantheon politico italiano. Sconosciuto professore universitario di diritto commerciale, un passato di interesse per il Pd e poi l’illuminazione pentastellata grazie al suo ex assistente Alfonso Bonafede poi divenuto nel frattempo ministro della Giustizia. Scelto come premier nel governo giallo – verde con l’idea di fare l’autista sotto la guida dei due big Matteo Salvini e Luigi Di Maio ha aumentato la sua influenza e il suo prestigio strada facendo.

ASCESA E SCALATA. Poi la crisi agostana ha segnato la fortuna del premier con il nuovo governo giallo-rosso. In ogni caso, anche con i venti propizi non sarebbe andato lontanissimo se non fosse capitata fra capo e collo la pandemia che lo ha dotato per qualche mese di poteri eccezionali, da “Duca d’Italia”. Passata la fase 1 emergenziale, nella fase 2 si è prontamente riadattato ai nuovi tempi sfoggiando una mise più tranquillizzante e molto mestiere. Sì perché Conte il mestiere ce l’ha ed è un mestiere democristiano, catalogabile senza dubbio in qualcosa tra Aldo Moro, Giulio Andreotti ed Emilio Colombo.

Conte ci sa fare, sa incartare e sa porgere, e lo fa con un pericoloso sorriso sornione, felpato e per questo ancor più pericoloso. Basti guardare come partito dal nulla ha fatto fuori politicamente sia Salvini che Di Maio e non solo. Ha poi rafforzato la propria posizione con il Partito democratico per poi planare sulla ipotesi di un suo partito, accreditato fino al 14%, sottraendo un 5% cadauno sia ai pentastellati e Pd. Conte fu voluto in agosto scorso da Beppe Grillo contro l’idea di Di Maio-Casaleggio di non chiudere alla Lega, complice il ministro Vincenzo Spadafora, un altro spesso sottovalutato ma che il mestiere ce l’ha essendo di rito rutelliano. Dietro a Conte c’è Rocco Casalino, suo portavoce che tiene a distanza tutti quelli che tentano di avvicinarsi troppo all’amato bene, tranne Marco Travaglio.

IL TEMPO DELLE MELE. Adesso però Conte deve dire chiaramente che cosa vuole fare da grande perché il “tempo delle mele” è finito ed è troppo comodo tenere sotto scacco il Movimento pontificando dagli Stati Generali senza prendere una posizione netta. Il primo a suonare la carica – con immediata rampogna di Grillo – è stato domenica Alessandro Di Battista da Lucia Annunziata su Rai tre. “Se Conte vuole fare il leader dei Cinque Stelle, si iscriva al movimento e si sottoponga al voto con un programma”. Ieri ha fatto eco, con stile diverso, anche Di Maio che ha detto: “Spero si iscriva al Movimento Cinque Stelle e che sia il candidato premier di un prossimo governo”. Traduzione: la pacchia è finita ora se vuoi comandare devi battagliare in campo aperto, come fanno tutti. Un doppio di cavallo che costringerà il premier ad uscire allo scoperto.