Paperoni planetari senza più limiti. Parla l’economista Sapelli: “Così la finanza è immorale. C’è un disegno preciso, ridurre il mondo come la Cina”

I ricchi sono davvero sempre più ricchi. Ecco cosa ne pensa l'economista Giulio Sapelli intervistato da La Notizia

I ricchi sono davvero sempre più ricchi. La classifica stilata da Forbes sui paperoni del pianeta mostra come i magnati, specie americani, stiano accumulando denaro a palate. A Jeff Bezos, con un patrimonio netto stimato di 112 miliardi di dollari, è riuscita l’impresa di essere il primo miliardario ad aver superato la soglia dei 100 miliardi di dollari. Le azioni della sua società sono aumentate del 59 percento in 12 mesi, contribuendo a incrementare la sua fortuna di ben 39,2 miliardi di dollari. È stata la più grande crescita annuale da quando Forbes ha iniziato a stilare la classifica dei miliardari nel 1987. Ma il caso del fondatore del colosso dell’e-commerce non è isolato. Non se la passano affatto male nemmeno gli altri che lo seguono, seppure a distanza. “Non è ricchezza, è denaro” dice il professor Giulio Sapelli che nel suo ultimo libro parla di “capitalismo neoschiavistico. Solo che prima i negrieri si occupavano almeno delle famiglie degli schiavi. Ora neppure quello”.

Professore come è cambiata la ricchezza?
“E’ sempre più finanziaria, di carta. Un tempo la ricchezza serviva a creare occupazione, investimenti, redditività del lavoro. Insomma una volta i ricchi erano una cosa più seria e utile per l’umanità. Ora vi scorgo dei tratti di immoralità”.

Da dove deriva tutto questo denaro, ma soprattutto come lo impiegano questi miliardari moderni?
“Si accumulano tesori immensi attraverso operazioni di borsa anche se poi non si capisce quanto effettivamente valgano questi capitali. Si tratta certamente di fortune favolose spesso fondate su accrocchi come i big data. Una disponibilità di ricchezze così impressionante, anche per l’accelerazione con cui vengono realizzate, è però profondamente dannosa perché influenza le società politiche, anche attraverso i mass media e perché crea lavoro improduttivo. In questo senso il grande ritorno alla manifattura, penso a quanto sta accadendo negli Usa, è una forma di ribellione a questo sistema perché è una ricchezza positiva che crea beni materiali”.

Però a tirare è soprattutto il business delle piattaforme tecnologiche. E il sistema dei derivati e delle stock options. Quanto può durare?  
“Potenzialmente all’infinito, se la gente non si ribella. Ma i poveri ormai li hanno narcotizzati: il disegno è ridurci tutti come in Cina”.

In che senso?
“Pensiamo a Duterte nelle Filippine o alla Cina di Xi Jinping. Sistemi di capitalismo neoschiavista, dove non ci sono sindacati. Mi permetta la battuta, sarebbe il sogno di ogni Confindustria del mondo. Questo, come predicava il signore con la barba nato a Treviri (Karl Marx, ndr) pone queste ricchezze in una insostenibile contraddizione con i rapporti di produzione con una divaricazione drastica tra ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri. Si tratta dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, in una forma di schiavismo moderno dove il lavoratore deve accontentarsi di poco nulla per poi vedersi liquidato senza grandi problemi con un calcio nel sedere”.

Sembrerebbe sostenere il socialismo come esigenza morale…
“Mi limito a pensare e a riflettere. Ma per me stesso. Oggi queste riflessioni sono inutili per chi non sa usare nemmeno il congiuntivo”.