Pd senza simbolo alle Europee, i dem si dividono. Il ritorno di Carlo Calenda smuove le acque. Per Zingaretti: “Non è un dogma”

L’ex ministro Calenda sta lavorando ad un Manifesto aperto alla società civile

Il ritorno di Carlo Calenda smuove le acque del Pd in vista delle Europee. L’ex ministro sta lavorando ad un Manifesto, aperto alla società civile. Spingendo Nicola Zingaretti e Maurizio Martina, candidati antagonisti alla segreteria del Pd, a preconizzare entrambi per il loro partito “liste aperte”. A dividerli, piuttosto, è la scelta di utilizzare o meno il simbolo del Pd alle prossime elzioni.

Un tema tutt’altro che secondario riguarda sul quale al Nazareno si è aperta un’accesa riflessione. Per Zingaretti “non è un dogma”, ma si deciderà in seguito. Mentre il segretario uscente Martina non ha alcuna intenzione di rinunciarci. “Per me il simbolo del Pd è un patrimonio di cui andare orgogliosi – avverte l’ex ministro dell’Agricoltura -. Il punto non è rinunciarvi ma metterlo al servizio insieme ad altri per una grande battaglia per la nuova Europa”.

Con Zingaretti si schiera l’emilianiano Francesco Boccia, che il simbolo dem ce l’ha “nel cuore”, assicura, ma non lo considera più “un tabù”. Specie se rinunciarci vuol dire favorire l’apertura del Pd all’esterno. Insomma, un tema che tiene banco almeno tanto quanto la partita delle alleanze in vista della scalata a Bruxelles. Continua intanto la campagna dei candidati in corsa per le prossime primarie. Che oggi saranno tutti impegnati nelle città italiane, dove saranno allestiti duemila banchetti, per spiegare le ragioni del no dei democratici alla Manovra varata dal Governo gialloverde.