Quant’è vispa la Teresa. Ministra grazie al Pd ha subito tradito per Renzi. Da bracciante a dirigente Cgil. Ora è al Governo per conto di Matteo

Teresa Bellanova è balzata agli onori della cronaca di questi giorni rappresentando il principale problema politico del governo: ha minacciato le dimissioni se non verrà accolta la sua proposta di regolarizzare migranti e colf, affermando di “non stare qui a fare tappezzeria”. Una domanda sorge spontanea: le sue rivendicazioni sociali possono essere condivisibili o meno, non entriamo qui nel merito – anche se diciamo che forse ci sono altre emergenze economiche più impellenti – ma che senso hanno in un partito come quello renziano che è indubbiamente poco sensibile a queste tematiche, proiettato come è sempre più a destra? E una risposta sorge immediata: non è che si tratta di una semplice strumentalizzazione di una problematica qualsiasi per mettere in difficoltà il governo?

Questa deduzione non è così maliziosa come potrebbe sembrare per due motivi. Il primo è che Matteo Renzi non è nuovo a comportamenti spregiudicati. Infatti la Bellanova, attuale ministro dell’Agricoltura, divenne tale in quota Pd e solo qualche giorno dopo passò a Italia Viva ed ora il giochino si ripete dopo aver incassato le nomine sulle partecipate statali, attaccando subito dopo il governo di cui fa parte. A questo punto però chiediamoci chi è Teresa Bellanova e quale è la sua storia umana e politica.

CARRIERA FOLGORANTE. Nasce in Puglia, frequenta la scuola fino solo alla terza media e poi va a lavorare nei campi mettendosi in luce per la sua meritevole battaglia contro il caporalato. Dal 1988 al 1996 fa carriera sindacale in Cgil, prima nel settore agroalimentare e poi in quello dell’abbigliamento e calzaturiero. Nel 2008 entra alla Camera col Pd e nel 2016 la troviamo viceministro dello Sviluppo Economico nei governi Renzi e Gentiloni. Da settembre 2019 – come detto – diviene ministro delle Politiche agricole, sfoggiando un vistoso vestito blu elettrico al giuramento davanti al Presidente Mattarella, che destò ilarità generale. Dunque un percorso perfettamente in linea con una idea di sinistra spinta, vicina ai problemi dei lavoratori che la portano all’importante dicastero dello Sviluppo Economico dove tuttavia è contestata – dai lavoratori e dalla Fiom- Cgil stessa – per non essere riuscita ad ottenere gli ammortizzatori sociali nella vicenda Agile-Eutelia.

RAGION DI STATO. La Bellanova deve subire i primi attacchi in cui ci si chiede se la “ragion di governo” non abbia prevalso – come spesso avviene – sulle ragioni dei lavoratori. La vicenda poi del rapido giro di valzer che l’ex sindacalista inscena tra Pd e Italia Viva dà il via libera ad aperte critiche. Come? La pasionaria rossa accaparra la nomina da ministro e poi scappa con Renzi” il giorno dopo? E ancora, se proprio deve tradire lo fa proprio con Renzi, colui che ha abolito l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori e che viene visto come una vera e propria colonna di destra occultatasi nella sinistra? Questo fatto non ha certo dato l’idea di una idealità adamantina perché troppo forte e la discontinuità ideologica. Ed ora la Bellanova si presta ad un attacco strumentale al governo dopo che il suo partito si è pappato le importanti nomine pubbliche? Troppi indizi, cara ministra, fanno prove.