Raggi contro Zingaretti. L’ordinanza del Lazio sui rifiuti finisce al Tar. La sindaca: difesi gli interessi di Roma. Stop allo scaricabarile della Regione

Chissà quanti credevano che la sindaca Raggi avrebbe davvero portato l’ordinanza sui rifiuti, firmata da Nicola Zingaretti, davanti al Tar. Del resto tutti erano convinti che la prima cittadina, logorata ai fianchi da una campagna mediatica martellante e con lo spettro del commissariamento da parte della Regione Lazio, alla fine si sarebbe piegata indicando, come chiesto dal governatore del Partito democratico, il sito per la nuova discarica. Niente di più sbagliato. Venerdì Virginia Raggi, seguendo quanto stabilito dall’Assemblea Capitolina e sorprendendo molti, ha tirato dritto per la sua strada dando il via all’ennesima puntata di questa guerra di nervi con il presidente dem della Regione. Una mossa, arrivata a nemmeno 48 ore di distanza dalla scadenza dell’ordinanza, che alcuni descrivono come un tentativo disperato ma che, a ben vedere, cela una duplice e ben congeniata strategia.

LO SCONTRO. Da un lato il Campidoglio mira ad ottenere più tempo, grazie a una possibile sospensione del provvedimento regionale. Ciò, di fatto, metterebbe alle strette la giunta Zingaretti che si ritroverebbe costretta, in quel ristretto lasso di tempo, ad approvare in via definitiva il tanto agognato piano rifiuti, tutt’ora fermo a quello del 2012. Dall’altro lato, la sindaca vorrebbe convincere il giudice amministrativo dell’inutilità di aprire una nuova Malagrotta a Roma. Un concetto che farà storcere la bocca a molti ma che poggia su solide fondamenta tra cui, senza girarci intorno, spicca l’inattesa lettera che, il 22 novembre scorso, Bruxelles ha recapitato all’Italia. Un durissimo j’accuse con cui l’Unione europea, tra l’altro paventando una possibile procedura d’infrazione, ha manifestato “preoccupazione per una serie di problemi che sono stati portati all’attenzione della Commissione e che riguardano la gestione dei rifiuti nel Lazio e, in particolare, nella città di Roma”. A parere dei tecnici, infatti, risulta incomprensibile come mai a fronte di “una sovraccapacità di trattamento meccanico-biologico”, con preoccupante regolarità nella città eterna si vengano a creare le cosiddette emergenze rifiuti.

CASUS BELLI. Dubbi leciti che la stessa Raggi ha più volte condiviso tanto che da settimane si sta battendo contro la chiusura anticipata, di quasi un anno rispetto a quanto era stato calendarizzato, della discarica di Colleferro. Un impianto in cui confluisce gran parte dell’immondizia della Capitale e che ha ancora 245 mila metri cubi di spazio disponibile. Peccato che a poche settimane dalle festività natalizie, ossia nel periodo di picco della produzione di immondizia, il governatore Zingaretti e il sindaco del piccolo Comune, Pierluigi Sanna, abbiano deciso di chiudere la struttura il prossimo 15 gennaio. Una decisione che potrebbe sembrare illogica, specie considerando che siamo nel pieno di una potenziale emergenza immondizia, ma che la Raggi si è spiegata così: “L’anticipo della chiusura della discarica di Colleferro in realtà appare logico se dettato da motivi politici, visto che Colleferro andrà alle elezioni il prossimo anno: c’è forse un accordo elettorale tra il sindaco Pierluigi Sanna e Nicola Zingaretti? E se è vero che la chiusura è stata decisa nel 2016, quali alternative ha messo in atto la Regione per compensare la chiusura della discarica? Anche stavolta, dopo la vicenda di Malagrotta, la Regione ha deciso la chiusura senza programmare un’alternativa?”.