Strage di Via D’Amelio. Cittadini e Stato più uniti nella ricerca della verità. Il parroco di Palermo propone la beatificazione per Borsellino. Nuova speranza dopo la desecretazione degli atti

“Per Paolo Borsellino e per le tante persone che hanno servito la comunità e lo Stato è nostro dovere chiedere un processo di beatificazione”. La tesi, che per anni serpeggiava in ambienti ecclesiastici e non, è stata espressa ieri da don Cosimo Scordato, teologo e parroco di San Saverio. E l’ha fatto all’Albergheria, dove con don Luigi Ciotti ha concelebrato la Messa nel 27esimo anniversario della strage di via D’Amelio. Davanti a tutte le autorità istituzionali presenti. Don Scordato ha anche ricordato – rivolgendosi ai figli del magistrato, Fiammetta e Manfredi Borsellino – che il giudice era “un fervente praticante che veniva a messa ogni domenica sedendosi sempre allo stesso posto, in quell’angolino. Beati i perseguitati per la giustizia, dice il Signore”.

Una proposta, quella di don Scordato, che non è caduta nel nulla ma ha ricevuto plausi e appoggi da tanti presenti. Perché, nel giorno del 27esimo anniversario della strage di Via D’Amelio, il grido di verità e giustizia è stato, se si può, ancora più forte e incisivo rispetto agli anni passati. Non fosse altro per la sentenza di primo grado sulla Trattativa Stato-mafia che, inevitabilmente, ha aperto nuovi scenari e confermato la tesi secondo cui i depistaggi che nel tempo si sono susseguiti, la scomparsa dell’Agenda rossa, non sono semplici errori casuali. In mattinata il primo a intervenire e a chiedere una ricerca ancora più spasmodica della verità è stato Sergio Mattarella.

“Rimane forte – ha detto il presidente – l’impegno per Paolo Borsellino, e per tutte le vittime di mafia, di assicurare, oltre al tributo doveroso della memoria, giustizia e verità”. Tante personalità ed esponenti politici si sono ritrovati in ricordo del magistrato. Il presidente della Camera, Roberto Fico, ha sottolineato: “Quell’esplosione ha segnato le coscienze, la vita, il quotidiano del nostro Paese. Oggi non ci limitiamo a ricordarli, ma rinnoviamo l’impegno quotidiano e incessante nella lotta contro le mafie”. “Ricerca della verità e contrasto alle mafie sono per noi un imperativo, un impegno quotidiano”, gli ha fatto eco il premier, Giuseppe Conte, mentre il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha parlato dell’inchiesta: “Un anno fa avevo raccolto la richiesta a proposito della presenza di eventuali documenti negli archivi del Sisde sulla strage di via D’Amelio. La risposta è che ci sono 318 documenti legati alla vicenda, messi a disposizione della commissione Antimafia oltre, ovviamente, alle procure che stanno ancora portando avanti le indagini”.

Ma le parole non bastano. Ora la famiglia chiede verità sui responsabili dei depistaggi, responsabili che andranno cercati nella magistratura e tra gli investigatori. Specie dopo la lettera che il dimissionario pg della Cassazione Riccardo Fuzio ha scritto a Fiammetta Borsellino, nella quale nella quale dice di non essere riuscito a far nulla per avviare una indagine per l’azione disciplinare nei confronti dei magistrati coinvolti nei depistaggi. L’ultima vergogna di Stato, se dovesse essere appurata tale ricostruzione. L’ultimo affronto. Che, tuttavia, ora potrebbe aprire nuove inquietanti porte.