Dopo il flop Unioni civili al Senato si contano i danni. E Verdini è sempre più forte

di Alessia Vincenti

Ora si fa la conta dei danni. Dopo il momentaneo rompete le righe, deciso con il rinvio alla prossima settimana, i principali sponsor del disegno di legge Cirinnà, Partito democratico e Movimento 5 Stelle, escono molto provati dal dibattito al Senato. Perché lo slittamento del testo è una sconfitta per entrambi, anche se i pentastellati gongolano per aver messo alla gogna i dem, incapaci di far passare un provvedimento sostenuto apertamente anche dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi. “I diritti (e i doveri) sono tali solo se sono per tutti. È un passo in avanti”, aveva scritto in una delle sue enews. Ma l’unico passo visto a Palazzo Madama è stato quello del gambero. Fatta eccezione per il centrodestra, compreso quello presente in maggioranza rappresentato da Ncd, che ha scampato il pericolo del via libera alle unioni civili con la stepchild adoption.

L’AMICO DENIS
L’unica, parziale, consolazione per il Pd è la possibilità di individuare un responsabile nel M5S. Prima la “libertà di coscienza” annunciata da Beppe Grillo, poi il grande rifiuto a votare l’emendamento Marcucci, il famoso ‘canguro’, che avrebbe bypassato migliaia di emendamenti rendendo più rapida l’approvazione della norma. Le spaccature interne possono essere celate dagli attacchi ai 5 Stelle, dipinti come dei voltagabbana. Ma la resa dei conti è alle porte. E in questo clima il confronto al Senato ha rafforzato anche la posizione del gruppo Alleanza Liberalpopolare-Autonomie (Ala). Il solo senatore Giuseppe Ruvolo è stato “dissidente” rispetto alla linea Per il resto è stata garantita piena lealtà. Così Denis Verdini può calare sul tavolo un asso prezioso: l’affidabilità su temi delicati, su cui addirittura viene meno l’appoggio di parte del Pd.

STELLE DIVISE
L’esultanza per aver messo in difficoltà il Pd è stata frenata. A molti attivisti del Movimento 5 Stelle non è andata giù la decisione di non votare il canguro. E di aver favorito lo slittamento della legge con il rischio di affossarla. Un tatticismo non proprio adeguato a un gruppo che si è presentato come il nuovo. Disposto a votare i provvedimenti sulla base del contenuto e senza calcoli politici. Per placare le polemiche, Alberto Airola, ha rilanciato: “Vi hanno mai detto i piddini che anche senza l’emendamento Marcucci si possono far saltare parecchi ignobili emendamenti, che si possono ridurre i voti segreti e si può votare in sicurezza la legge senza autoritarismi vari? Credete che non voglia passi la legge dopo averci messo la faccia e anni di lavoro con le associazioni?”. E quindi l’accusa è stata rivolta direttamente a Palazzo Chigi: “Chi non vuole farla passare è il governo non il M5S”. Un’implicita conferma che ha dovuto cercare una giustificazione.