Uno sgambetto a Gentiloni, la manovra è la mina ideale per farlo cadere. Ecco la strategia di Mdp e Verdini

Uno sgambetto a Gentiloni, la manovra è la mina ideale per farlo cadere. Ecco la strategia di Mdp e Verdini

Le elezioni anticipate non sono finite nel cassetto, archiviate dalla rottura tra Movimento 5 Stelle e Pd consumatasi durante il dibattito sulla legge elettorale. Un piccolo spazio è ancora aperto, soprattutto se si verifica l’incidente per il Governo che porterebbe il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, alla fine della sua esperienza a Palazzo Chigi. Certo, lo stop al modello simil tedesco è stato un duro colpo alle ambizioni di tornare al voto il 24 settembre, insieme alla Germania. Matteo Renzi ci stava lavorando sottotraccia, facendo partire in largo anticipo la macchina della comunicazione. Ma non tutto è perduto per il segretario dem, che nelle ultime settimane ha scalpitato per accorciare la vita della legislatura.

Manovre in corso – Entro il 23 giugno il Senato deve approvare la manovrina già passata alla Camera. E a Palazzo Madama c’è la possibilità che il provvedimento non abbia i voti. L’intenzione del Governo è quello di non ritoccare nemmeno una virgola del testo per evitare un altro passaggio alla Camera. Ma il problema numerico non è secondario. A Montecitorio, infatti, il Movimento democratico e progressista non ha partecipato al voto per la contrarietà all’introduzione dei nuovi voucher. A dare la sentenza è stato Roberto Speranza: “Reputo sbagliato nel merito ridare spazio ad un nuovo strumento di precarietà senza alcuna condivisione con le associazioni dei lavoratori, ma soprattutto ritengo inaccettabile la scelta di raggirare il referendum e tutti gli italiani che hanno firmato i quesiti referendari”. Difficile immaginare che i 16 senatori di Mdp possano votare in maniera diversa.

Come se non bastasse alla Camera nemmeno il gruppo di Ala-Scelta Civica ha sostenuto la misura, scegliendo l’astensione. Il ripensamento a Palazzo Madama sarebbe un colpo di scena, oltre a porre una questione politica: se il gruppo di Denis Verdini votasse la fiducia e gli ex Pd la negassero, nei fatti ci sarebbe un cambiamento nella maggioranza. A meno che i senatori iscritti ai gruppi più piccoli non arrivino in soccorso. Ed è questo lo scenario preferito da Palazzo Chigi per superare lo scoglio di giugno: a quel punto diventa concreta la possibilità di portare a termine il mandato nel 2018. Il complicato cammino del Governo è stato sottolineato da uno dei dirigenti più in vista del Pd, il capogruppo alla Camera, Ettore Rosato, che riferendosi in maniera diretta alla manovrina, ha evidenziato: “Mdp vota contro il Governo nel 40% dei casi”. In questo quadro il presidente dei deputati del Misto a Montecitorio, Pino Pisicchio, ha avvisato Renzi e i suoi fedelissimi sulla tentazione elettorale, facendo un esempio su quanto accaduto alla premier May in Gran Bretagna: “Chi provoca le elezioni anticipate per trarne un vantaggio poi perde invariabilmente. La politica italiana sia avvertita”.