Ex grillini, ex montiani, ex leghisti. Ma anche onorevoli di grandi partiti come Pd e Forza Italia vivono tra color che son sospesi. Senza dimenticare il Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano. La condizione del partito dei cosiddetti peones, i parlamentari meno noti che rischiano fortemente di non essere rieletti, è precipitata dopo il referendum: si profila la perdita di indennità e benefici. Un “partito” decisamente trasversale, che si fa largo tra i gruppi parlamentari minori ma trova anche la sponda di Onorevoli di Pd, Lega e Forza Italia: in particolare molti tra gli azzurri temono di non farcela a rientrare in Parlamento. In questi casi i meno intenzionati a tornare alle urne sono i rappresentanti dei piccoli gruppi. E solo alla Camera se ne contano a frotte.
Chi rischia – Uno dei casi paradigmatici è incarnato da Civici e Innovatori, nato da una scissione della creatura montiana Scelta civica e attualmente sostenitore della maggioranza a Montecitorio. Per quasi tutti i 17 componenti le possibilità di rielezione sono prossime allo zero, a meno di avvicinamento a qualche altro partito. “Non siamo attaccati alla carriera politica, molti di noi hanno accettato questo mandato con un’idea precisa”, spiega a La Notizia il capogruppo di Civici e Innovatori, Giovanni Monchiero. Che comunque invita a non andare subito al voto: “Non si può votare con questa legge elettorale: bisogna dimostrare senso delle Istituzioni. È un’occasione per fare una legge elettorale che rispetti il principio di rappresentanza”. Un altro esempio è il gruppo Grandi autonomie e libertà (Gal) del Senato, che raccoglie senatori di varia estrazione: ognuno andrà in ordine sparso, anche sul prosieguo della legislatura. E gli altri? Nessuno, in pubblico, chiede di portare la legislatura alla scadenza naturale (2018). Ma l’obiettivo è quello di allungare i tempi, scongiurando il precipitare degli eventi. La necessità di riscrivere la legge elettorale è una chiave importante. Solo nel gruppo Misto, tra 52 alla Camera e 28 Senato, sono 80 i parlamentari che non hanno un forte partito di riferimento. Certo, hanno le loro componenti, come i fedelissimi di Flavio Tosi del movimento Fare o gli uomini di Raffaele Fitto confluiti in Conservatori e riformisti, la cui riconferma nelle Aule è da conquistare. Così come i socialisti e la pattuglia di indipendenti iscritti al Misto.
Controcorrente – Esiste poi anche una corrente, minoritaria, nel partito dei possibili non rieletti: sono quelli che non vedono l’ora che termini la legislatura. Il capofila è senza dubbio il senatore ex 5 Stelle, Giuseppe Vacciano: ha presentato tre volte le dimissioni dal suo incarico, ma l’Aula ha puntualmente respinto la richiesta. Stessa posizione è stata espressa dai deputati di Alternativa libera, movimento nato dai fuoriusciti dal M5S: “La politica è solo una parentesi e non sarà la propria professione, c’è in ballo qualcosa di molto più arduo e nobile”, ha sottolineato il deputato Samuele Segoni. E i 5 Stelle? Molti di loro hanno ancora poco da temere: hanno svolto un solo mandato sui due previsti per “non statuto” da Grillo.