La guerra di Instanbul. Vacilla la democrazia turca

di Samuele Briatore
da Instanbul

Da più di dieci giorni la popolazione occupava Piazza Taksim e Gezi Parki, la situazione appariva tranquilla e la violenza sembrava un ricordo. Colore, feste e danze facevano da cornice alla Piazza Taksim, per alcuni anziani della vicina di Kurtulus quel parco aveva nuovamente il cuore che da anni aveva perso.

L’attacco ai manifestanti
Ieri la polizia ha ricordato a tutti i manifestanti che la violenza non è solo un ricordo. Sono le sette e trenta del mattino quando la polizia turca attacca con bombe a gas gli attivisti che stavano ancora dormendo nelle tende. L’atto è giustificato da un primo attacco di un gruppo di 40 individui verso la polizia, 40 persone che non erano mai state viste prima, secondo tutti i gruppi presenti a Gezi Parki quelle persone erano esterne ed erano tutte munite di maschere antigas, alcune fotografie confermerebbero la tesi dei manifestanti: quel gruppo erano infiltrati della polizia. Negli scatti si possono vedere i presunti manifestanti con radio e manganelli delle forze dell’ordine. Le foto sono state richieste dal procuratore generale Adnan Cimen, che ha dichiarato di voler portare avanti l’indagine sulla violenza di questa repressione.
L’atto ovviamente viene smentito e sparisce da tutti i quotidiani e dalle testate on line, inoltre pochissime notizie filtrano dai social network dopo l’arresto di massa di Izmir per colpa di twitter. Ma un’ulteriore conferma alla tesi dei manifestanti è il mancato intervento della polizia verso il gruppo di infiltrati, infatti il gruppo non è stato disperso con i getti di acqua a pressione e di loro si sono perse le tracce nella prima polvere della guerriglia.
Nel pomeriggio i manifestanti riescono, nonostante il massiccio intervento della polizia, a restare uniti e a continuare la loro resistenza a Gezi Parki. Piazza Taksim, dove il selciato di pietra è oramai inesistente, è nuovamente teatro di lotta dove già si contano numerosi feriti. Si preannuncia un’altra notte di violenza, dove il sangue tornerà a macchiare la rossa bandiera della Turchia. Il premier Recep Tayyip Erdogan afferma con parole dure che non ci sarà più tolleranza per l’occupazione e che la distruzione del parco avverrà nei prossimi mesi. Ha inoltre aggiunto che i manifestanti “non saranno toccati”, dichiarazione presto smentita dai fatti. Secondo Erdogan l’azione dei manifestanti è utile alle tante forze economiche che vogliono contrastare la crescita economica della Turchia e non perdona neanche la stampa estera colpevole di fare gli interessi delle lobby del potere e di dare un risalto eccessivo all’occupazione di Gezi. Intanto in Parlamento le sue parole non cadono nel vuoto, alcuni giornalisti e blogger informano che i consensi stanno incominciando a cadere e le forti dichiarazione del capo dell’opposizione sono diventate il canto che padroneggia la piazza principale di Istanbul “Erdogan sei un dittatore. Stai rovinando il Paese. Vogliamo la democrazia”.


Avvocati in manette

Oltre ai giornalisti, che hanno già visto in questi giorni numerosi episodi di violenza e censura, oggi è toccato anche agli avvocati colpevoli di aver difeso i manifestanti anti-Erdogan. Arrestati, non senza opposizione, sono venti gli avvocati che avevano deciso di appoggiare l’occupazione offrendo servizi legali gratuiti a quanti ne avessero avuto bisogno. In poco meno di due ore la fotografia di un avvocato arrestato a forza con lo sfondo della statua della Giustizia a Caglayan, dove ha sede il Palazzo di Giustizia della Turchia, fa il giro del Mondo. E mentre la Cnn trasmette le immagini dei nuovi scontri e dei feriti, mentre tutti i media internazionali hanno i loro obiettivi puntati su Piazza Taksim, le tv turche trasmettono trasmissioni quiz e i telegiornali parlano di cucina tipica. Una dottoressa dell’equipe di volontari presente a Gezi Parki racconta sorridente che forse anche loro saranno i prossimi ad essere arrestati, colpevoli di aver fornito primo soccorso ai manifestanti.