La strategia di Conte paga. Attivisti e territori sono con lui

In troppi davano per scontato che una volta arrivati al requiem del governo Draghi, il M5S sarebbe scomparso.

A leggere gli articoli e le dichiarazioni dei giorni passati, in tanti, troppi, davano per scontato che una volta arrivati al requiem del governo Draghi, il M5S sarebbe scomparso. Si sarebbe spaccato a metà, vittima di nuovi fuoriusciti (governisti) che avrebbero sconfessato la linea di Giuseppe Conte, condannandolo così all’estinzione politica.

In troppi davano per scontato che una volta arrivati al requiem del governo Draghi, il M5S sarebbe scomparso

Ebbene, il giorno della fine del governo è arrivato. Il presidente della Repubblica ha sciolto le Camere e deciso la data delle prossime votazioni (25 settembre). Ma la profezia dei tanti soloni che popolano salotti televisivi e colonne dei quotidiani hanno preso un palo enorme: al di là di Soave Alemanno (Carneade della politica, di fatto ininfluente per i destini pentastellati), nessuno ha abbandonato Conte.

Non l’ha fatto Davide Crippa, non l’ha fatto Federico D’Incà, non l’ha fatto Fabiana Dadone. Piena convergenza con la linea del presidente M5S. Che, c’è da dirlo, è stato aiutato in questo dall’arroganza e dalla saccenza del presidente dimissionario Draghi che, pur potendolo fare, ha preferito non riservare alcuna apertura ai pentastellati. Ed è da questa ritrovata coesione che ora il Movimento vuole e deve ripartire. “Ciò che più fa piacere – spiega una fonte molto vicina a Conte – è che Giuseppe ha ricevuto plausi da tanti attivisti e territori”.

Il popolo M5S premia la scelta del presidente Conte

Basti andare sui social e scorrere i commenti: quelli negativi si contano a stento, in mezzo a una marea di elogi, lodi e di – importante – “finalmente!”. Insomma, tanti applausi alla linea intrapresa dall’ex premier che fa da contraltare – e anche questo è un fatto – alla marea di lamentele e critiche che invece piovono sulla bacheca di Luigi Di Maio.

In molti, probabilmente, non hanno apprezzato il suo continuo e perenne trasformarsi in soggetto nuovo nella speranza (da prima repubblica) di cercare sempre un posto al sole. Ma torniamo a Giuseppe Conte. A riprova di una strategia che ha convinto attivisti e territori ci sono anche le tante dichiarazioni provenienti non solo da parlamentari, non solo da Beppe Grillo (che pure ha condiviso la linea) ma soprattutto dalle Regioni.

“Questa esperienza di governo è finita, non per colpa del M5s, ma per tante altre ragioni con la piena corresponsabilità di quelle stesse forze politiche che oggi puntano il dito. Ma in ogni caso vogliamo rassicurare i cittadini che il Movimento 5 stelle ci sarà sempre quando si tratterà di difendere gli interessi dei più deboli. Continueremo le nostre battaglie in Parlamento fino all’ultimo giorno, in tutte le istituzioni e nelle piazze; saremo sempre vicini a chi soffre, a chi non ha voce e a chi non ha garanzie per il proprio futuro. Lo faremo al fianco di Giuseppe Conte, il nostro presidente”. Così Irene Galletti, capogruppo M5s in Consiglio regionale della Toscana.

“Il Movimento 5 Stelle in questi mesi ha sempre lavorato per tutelare cittadini, famiglie e imprese, sostenendo in un momento di emergenza, con grande senso di responsabilità, un Governo con forze politiche molto distanti da noi. Lo abbiamo fatto per difendere le nostre misure e lottando su ogni provvedimento”, dicono invece in una nota i consiglieri campani Michele Cammarano, Gennaro Saiello e Vincenzo Ciampi.

Che aggiungono: “Abbiamo presentato le priorità su cui bisognava definire un’agenda di Governo. Punti che prevedevano risposte chiare e specifiche. Non solo non è stato possibile ma l’atteggiamento che abbiamo ricevuto dal premier Draghi è stato sprezzante. A questo si aggiunge la volontà del centrodestra di mettere il Movimento 5 Stelle fuori dalla maggioranza a tutti i costi. Chi in questi giorni ci ha accusato di irresponsabilità ieri ha deciso di non votare la fiducia, non partecipando al voto”.

“Noi, insieme al nostro presidente Giuseppe Conte, continueremo a lavorare per costruire il futuro con proposte concrete e realizzabili che intercettano i bisogni del nostro Paese”, concludono. E stessa identica linea è stata tenuta dai 5 Stelle in Umbria, Lombardia, Puglia, Molise, solo per citare alcuni casi.

Per il campo largo sarà determinante la partita siciliana

A proposito di Regioni, determinante ora potrà essere la partita siciliana in vista anche delle elezioni politiche. Ciò che balla, infatti, è la sopravvivenza (sempre meno probabile) del cosiddetto “campo largo” fortemente voluto inizialmente da Enrico Letta e, dopo la vicenda Draghi, entro in crisi. Il voto anticipato a Roma manda in tilt proprio i partiti in Sicilia.

C’è chi mette in dubbio, quando mancano appena 48 ore al voto on line e nei gazebo, le Primarie del campo largo per la scelta del candidato governatore anche se Pd e M5s confermano che si va avanti ma la tensione tra gli alleati è altissima. A rendere l’idea delle tensioni in atto sono le parole di Claudio Fava (Centopassi), in corsa alle Primarie con Barbara Floridia (M5s) e Caterina Chinnici (Pd).

“Per quanto mi riguarda, le primarie vanno avanti, ma mi chiedo con quale spirito di lealtà domani il partito di Conte sarà capace di lavorare al servizio di questa coalizione. E soprattutto – attacca Fava – mi chiedo se saranno primarie senza Papi stranieri, né forestieri venuti in soccorso dal centrodestra. Delle due, l’una: o si lavora insieme, uniti, per il cambiamento oppure si governa con Raffaele Lombardo”.

A rispondergli è stato Giancarlo Cancelleri, pezzo grosso dei 5stelle siciliani: “Le parole di Claudio Fava mi sembrano il disegno di una persona che sta facendo i capricci solo per poi poter avere la scusa e dire ‘io me ne vado e mi candido lo stesso’”. Tenta di gettare acqua sul fuoco il segretario regionale del Pd, Anthony Barbagallo. “In regione abbiamo lavorato uniti e compatti con un unico denominatore comune: scalzare il governo di centrodestra rappresentato da Nello Musumeci”.

Vedremo cosa accadrà. Certo è che Conte mira a salvare l’intesa col Pd, per cui tanto ha lavorato in passato. Ma ha anche capito che mantenere il M5S legato alle origini paga. Sempre. Ed è proprio in quest’ottica che adesso, insieme a Grillo, il presidente sta lavorando per riportare in auge un nome capace, nelle piazze, di spostare percentuali di gradimento a favore dei 5 Stelle: Alessandro Di Battista.