Minacce, estorsioni, racket sui parcheggi, finanziamenti alla ‘ndrangheta, presunte mazzette a politici e persino usura. Sembra non avere fine l’inchiesta “Doppia Curva” della Dda di Milano sugli ex capi degli ultras di Inter e Milan. Ieri per un nuovo filone d’indagine il gip Domenico Santoro ha emesso sette ordinanze di custodia per le accuse a vario titolo di estorsione, usura ed emissione di fatture per operazioni inesistenti. Contestata per alcuni reati anche l’aggravante della finalità mafiosa di aver agevolato la cosca dei Bellocco. Tra gli arrestati anche l’ex socio in affari dell’ex capitano del Milan Paolo Maldini e dell’ex attaccante dell’Inter Christian Vieri (estranei ai fatti), Mauro Russo, 67 anni, già esponente della curva interista.
Il grande business dei parcheggi
Fulcro di questo nuovo filone, i parcheggi attorno a San Siro, gestiti dall’imprenditore Gherardo Zaccagni. “Dovessero essere danneggiate le auto, qualche casino nei parcheggi, se si incendiano delle macchine, non lamentatevi che avete cambiato il gestore”, diceva Russo intercettato. Per i pm sarebbe stato anche l’intermediario nell’estorsione ai danni di Zaccagni, il quale avrebbe versato ai vertici della curva interista un “obolo” mensile da oltre 4mila euro, “per stare tranquillo”.
A riferire agli inquirenti delle frasi intimidatorie di Russo, Pierfrancesco Barletta, che è stato direttore operativo e delegato alla sicurezza dell’Inter e anche ad di MiStadio, sentito dai pm come teste il 7 gennaio. Russo avrebbe inoltre “consigliato” a Zaccagni, di “garantire” dei parcheggi gratis per gli ultras, così come “le società calcistiche garantivano loro i biglietti al fine di evitare problemi”.
Le mazzette
Dall’ordinanza emerge come poi Russo sarebbe stato “pienamente a conoscenza delle dinamiche criminali” dei gruppi ultras di San Siro. Nel frattempo, stando alle carte, Zaccagni per acquisire anche il contratto per la gestione dei parcheggi dell’Ippodromo di Milano “avrebbe elargito”, così ha dichiarato, anche “mazzette” a persone non meglio identificate di una nota società di scommesse sportive.
A essere tirato in ballo dall’imprenditore è stato anche il consigliere regionale e comunale milanese Manfredi Palmeri (che ha scelto il processo immediato in un altro filone dell’inchiesta): “Ho fornito queste utilità a un politico – si legge nel verbale dell’imprenditore – perché lui facesse una sorta di endorsement nei miei confronti nei settori di sua competenza”. Zaccagni, poi, avrebbe puntato, sempre attraverso Russo e stando all’ordinanza, anche a quelli dello stadio di Bari e pure a quelli del Bentegodi di Verona.
I prestiti usurai di Bellocco
Negli atti, inoltre, si ricostruisce come il clan Bellocco, e in particolare il rampollo della cosca Antonio Bellocco, ucciso lo scorso settembre dall’ex capo della curva Nord interista Andrea Beretta, avrebbe prestato soldi, quasi 400mila euro, a tassi usurari fino al 400% ad un imprenditore comasco, titolare di una società che si occupa di programmazione e trasmissioni televisive.
Tra i casi ricostruiti nelle indagini dei pm Storari e Ombra anche una contestazione, originariamente attribuita anche questa ad Antonio Bellocco, poi ucciso, che riguarda l’utilizzo di una società per l’emissione di fatturazioni per operazioni inesistenti finalizzate all’evasione dell’Iva.
Bellocco, come ricostruito nell’inchiesta, sarebbe arrivato a Milano grazie a Marco Ferdico, anche lui nel direttivo della Nord interista e in carcere da settembre, che gli avrebbe procurato “alloggio e occupazione lavorativa fittizia”. Bellocco avrebbe, poi, girato i soldi incassati dalle varie attività illecite al clan e sarebbero serviti anche per il “mantenimento” dei detenuti della cosca. Tra gli indagati anche il fratello, Berto, che avrebbero tentato di costringere Beretta a “cedere ad esponenti della famiglia Bellocco” l’attività della società “cn69 curva nord” attiva nel merchandising della curva.