Più che largo un campo minato con un Pd diviso su tutto l’alternativa a Meloni non è credibile

Avs e M5S sono granitici e compatti contro lo shopping militare e sullo stop alla precarietà. I dem navigano a vista

Più che largo un campo minato con un Pd diviso su tutto l’alternativa a Meloni non è credibile

Puntualmente, come ai bagni di Ferragosto e ai pranzi di Natale, i partiti di opposizione si presentano divisi sui voti che contano. Che si tratti di piano di riarmo o di lavoro fioccano i distinguo. Il centrodestra compatto spinge per l’astensione (tranne Noi Moderati, che è per 5 “No”) sui cinque referendum dell’8 e del 9 giugno. I 4 sul lavoro di fatto cancellano il Jobs act. L’altro sulla cittadinanza, per ridurre da 10 a 5 gli anni necessari per ottenerla, lo promuove un comitato di cui fa parte Più Europa.

Centrosinistra in ordine sparso sui referendum di giugno

Il centrosinistra invece si presenta con posizioni diverse tra i partiti e, come nel caso del Pd, con distinguo all’interno dello stesso partito. Totale sintonia sui cinque quesiti c’è tra il leader della Cgil Maurizio Landini e Alleanza Verdi e Sinistra. “Con 5 Sì ai Referendum dell’8 e 9 giugno può cambiare concretamente e in meglio la vita di milioni di cittadini del nostro Paese”, affermano Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli di Avs.

Il leader del M5S, Giuseppe Conte, ha schierato compatti i suoi per i 4 sì ai quesiti sul lavoro.

L’ex premier lascia libertà di scelta su quello sulla cittadinanza ma fa sapere che anche su quello lui personalmente voterà sì. “Io credo che il modo migliore per costruire un processo di coesione sociale che coinvolga senza paure, senza fobie, discriminazioni anche gli immigrati sia quello dello Ius Scolae. Di fronte quindi a questo referendum abbiamo deciso per la libertà di voto per ciascun iscritto. Io l’ho anticipato poi personalmente, voterò sì, anche se temo che il Paese non sia pronto a questo dimezzamento e che la battaglia per migliorare e modificare l’acquisto della cittadinanza sarà buttata via”, ha spiegato Conte.

Solito psicodramma nel Pd

La leader del Pd, Elly Schlein, si è schierata per i 5 sì ma la frangia riformista di renziana memoria si è ribellata.

“Voteremo sì al referendum sulla cittadinanza e sì al quesito sulle imprese appaltanti. Ma non voteremo gli altri 3 quesiti”, hanno annunciato in una lettera a Repubblica Giorgio Gori, Lorenzo Guerini, Marianna Madia, Pina Picierno, Lia Quartapelle e Filippo Sensi.

+Europa è nel Comitato promotore del referendum sulla cittadinanza, quindi il sì su questa scheda è ovvio. Meno per i quesiti sul lavoro, dove il partito di Riccardo Magi ha optato per il sì a quello sugli appalti e no agli altri sul lavoro.

Matteo Renzi ovviamente difende il suo Jobs act ed è deciso per il sì alla cittadinanza. Sì alla cittadinanza e no ai referendum della Cgil anche da parte di Carlo Calenda e Azione.

Avs: alla guida del campo progressista no leadership conservatrici

Interpellato da La Notizia Marco Grimaldi, vicepresidente di Avs alla Camera, sui distinguo all’interno del Pd non ha dubbi: “Queste posizioni sono frutto degli errori del passato che ci hanno portato a sbattere. Noi che il Jobs Act abbiamo avversato paghiamo i loro errori e siamo all’opposizione anche per questo. Sono sanabili queste grandi contraddizioni interne al Partito democratico? Non so quanto possano coesistere ma sono certo che gli elettori del Pd oramai sappiano che un’alleanza alla quale è affidato il non piccolo compito di battere le destre non può permettersi di avere leadership conservatrici alla guida del campo progressista”.

Il M5S preferisce non commentare. Ma il Movimento sui grandi temi del no al riarmo, sì al salario minimo e no alla precarietà, è granitico e compatto come Avs, contrariamente al Pd che anche sul salario minimo in passato ha opposto resistenza.

E rimangono i dubbi su come, fino a quando resisterà la frangia riformista all’interno del Pd, sarà possibile costruire un’alleanza solida nel campo dei progressisti. Per non parlare poi di campo largo che chiama in causa le posizioni guerrafondaie e neoliberiste in campo economico dei renziani e dei calendiani.